La Magna charta della fraternità

La più grande novità del Vaticano II, quella più attesa e più travagliata, è stata la costituzione pastorale Gaudium et spes sulla chiesa nel mondo contemporaneo. Approvata da Paolo VI e dai padri conciliari quarant’anni fa, alla vigilia della chiusura del Concilio, il 7 dicembre 1965, raccoglie l’eredità di vari decenni di teologia, aperta sull’orizzonte del mondo contemporaneo che, provato dalle guerre mondiali e dai regimi totalitari della prima metà del secolo XX, si apriva verso un nuovo umanesimo. Un mondo alla ricerca di un volto culturale nuovo, desideroso di trovare anche nella chiesa una parola di coraggio e di speranza; una società alla quale il Concilio, con profondo rispetto e con sincerità, rivolge una particolare attenzione. Se la maggior parte dei testi del Concilio si rivolgono alla chiesa nelle sue componenti e nelle sue funzioni, questo documento guarda con simpatia la società, per offrire la buona novella del Vangelo all’uomo contemporaneo. Con intuito sereno e con linguaggio sapienziale, il Concilio svela le radici più profonde della persona umana, descrive il mistero e la dignità della libertà e della coscienza, ricorda l’enigma della morte, svela l’uomo all’uomo nel mistero di Cristo che è la risposta definitiva a tale enigma. Con stile pedagogico, ogni capitolo della Gaudium et Spes, dopo aver messo in luce le diverse problematiche dell’umanità, del lavoro, della famiglia, della cultura, della pace, della politica…, illumina problemi e prospetta soluzioni, e propone le risposte che dona Cristo, l’uomo nuovo. Per la prima volta nella storia della chiesa, un Concilio rivolge uno sguardo sul mondo e sulla società, pervaso dal realismo delle vicende umane, ma anche dalla visione ideale del progetto di Dio per l’umanità in Cristo. In tale visione risuona continuamente l’ideale di un mondo che è una sola famiglia di Dio, una fraternità che ha in Cristo il Fratello che ci presenta e ci dona il Padre; anzi un mondo chiamato a partecipare dell’ideale dell’unità che Gesù ha chiesto al Padre, la vita di comunione trinitaria nella verità e nella carità. Per un compito così arduo, il Vaticano II propone la via regale del dialogo, anzi dei dialoghi differenziati, ripresi dall’intuizione di Paolo VI nella sua prima enciclica Ecclesiam suam del 1964. Dialoghi a tutto campo all’interno della chiesa, con i fratelli cristiani, con i fedeli di altre religioni e con gli uomini di buona volontà. Dialogo che non esclude nessuno, che anzi guarda tutti con uno sguardo di vera fraternità.

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