Se la Macedonia è amara anche per l’Italia di Spalletti
Un cerchio che si chiude
C’era una volta un’Italia con una scia di imbattibilità di 37 partite, dall’ottobre 2018 all’ottobre 2021; c’era una volta un’Italia campione d’Europa, contro l’Inghilterra, a casa loro. C’era una volta un’Italia temibile, compatta, preparata e vincente… ma che fine ha fatto? Dopo una caduta serve sempre fare un passo indietro per cercare di capire dove si è sbagliato, in quale punto si è cominciato ad inciampare, specie se prima di cadere si era arrivati in alto. E il punto cruciale per l’Italia è facilmente riconoscibile ma prima, appunto, facciamo qualche passo indietro.
Era il maggio 2018 quando l’Italia veniva presa dalle ceneri da Roberto Mancini dopo una clamorosa sconfitta allo spareggio per i Mondiali in Russia con Ventura come ct. Dopo poco, l’Italia sembrava essere finalmente risorta, come dimostra la scia di imbattibilità di 37 partite (30 vittorie e 7 pareggi) che nessuna Nazionale aveva mai raggiunto. Il ct Mancini che era riuscito a riportare a casa un Europeo che mancava in bacheca dal 1968, aveva preso il comando degli azzurri con un grande obiettivo: rifarsi dalla delusione dei mondiali in Russia nel 2018. Il Qatar sembrava il posto ideale affinché questo avvenisse e l’Italia campione d’Europa non avrebbe dovuto avere problemi. Così, però, non è stato. Dopo un girone non all’altezza delle aspettative azzurre, infatti, il 24 marzo 2022 l’Italia perde lo spareggio a Palermo contro la Macedonia del Nord con un gol di Trajkovski al 92’ minuto. Questo è stato l’inizio della fine per l’Italia di Mancini, la prima grande sconfitta per una Nazionale che, nonostante i piccoli successi venuti dopo, non è più riuscita a risollevarsi. 256 giorni, dall’11 luglio 2021 al 24 marzo 2022, sono bastati agli azzurri per passare dal sogno all’incubo. Dopo il trionfo europeo, la mancata qualificazione ai mondiali, per la seconda volta consecutiva, è stata troppo per i tifosi, per i calciatori, per lo staff e per il commissario tecnico.
Che poi dopo quella terribile serata palermitana siano scomparsi anche due grandi del calcio italiano, Siniša Mihajlović il 16 dicembre 2022 e Gianluca Vialli il 3 gennaio 2023, sicuramente non ha aiutato, considerato che, con Vialli, l’ex ct della Nazionale aveva perso anche il suo “gemello di gol”. 256 giorni per finire dalle stelle alle stalle e 534 giorni dopo quel terribile 24 marzo, la storia si ripete. Cambia il commissario tecnico, cambia la squadra, cambia l’ambientazione, ma, in fondo, non cambia molto: il cerchio si chiude e ora l’Italia proverà a rialzarsi dopo chi l’ha fatta cadere per ben due volte: la Macedonia del Nord.
Un nuovo inizio
È un cerchio che si chiude o che si apre, questo sarà il tempo a dirlo. Sta di fatto che quella che eredita il nuovo commissario tecnico della Nazionale azzurra, Luciano Spalletti, è un’eredità non semplice da gestire. Il peso dell’essere campioni d’Europa, la delusione di aver visto un altro mondiale dal divano, l’abbandono improvviso di chi aveva fatto risorgere la squadra dalla propria cenere e ad essere cenere l’aveva di nuovo ridotta. Questa è l’eredita che Spalletti riceve dal dimissionario Mancini e poco tempo, troppo poco, per cercare di cambiarla, per fare un miracolo. Eppure, Luciano Spalletti, l’uomo dei miracoli un po’ lo è, è con lui che il Napoli torna campione d’Italia dopo 33 anni. Ma, appunto, il tempo non è dalla sua. Non appena arrivato, il neo ct della Nazionale deve subito fare i conti con una squadra per niente temibile per l’Italia, solo sulla carta però, e, per di più, c’è in palio la qualificazione all’Euro 2024 e la sua squadra è campione in carica.
Tutto questo, però, non scoraggia il ct fresco di scudetto che, alla vigilia della partita dell’esordio affermava davanti ai media di voler «far emozionare gli italiani» perché la Nazionale «è la squadra di tutti» e, a proposito della Macedonia, ricorda come «abbiamo subito qualche ferita e dobbiamo risanarla». Ferite che, però, Spalletti non riesce a risanare, non subito, perché il neo ct non ha la bacchetta magica e, nonostante le novità che ha cercato di apportare in campo, ha avuto contro di lui le assenze di Chiesa e Pellegrini, un campo in pessime condizioni e una squadra che in questo periodo dell’anno non è mai al top della forma fisica. E nonostante il nuovo tecnico abbia provato a cambiare da subito la squadra con il 4-3-3 a lui caro e sembra abbia ridato continuità a Ciro Immobile – autore dell’unica rete dell’Italia – tutto questo non è bastato ad evitare un risultato che, seppur non deludente come quello di Palermo, fa un po’ tremare gli azzurri e complica la partecipazione ai prossimi Europei.
Perché sì, un pareggio non è un pessimo risultato, ma lo diventa se si guarda a come si è arrivati al pareggio, alle occasioni sprecate, ad una squadra scarica dopo il gol di Immobile, agli errori che si potevano evitare. Ma l’avventura di Spalletti è appena iniziata e non si può di certo perdere l’entusiasmo dopo un esordio difficile e questo lo ha dimostrato nella conferenza stampa post-partita, quando ha dichiarato: «Dobbiamo avere la faccia tosta di voler fare vedere dove vogliamo arrivare. Noi siamo una squadra forte, con una storia fortissima, una nazione che genera calciatori di continuo e dobbiamo tornare a quel livello che ci è stato donato dalla storia e dalla qualità che abbiamo in Italia». E noi, fiduciosi del nuovo ct, non aspettiamo altro che vedere la faccia tosta che Spalletti farà tirare fuori ai suoi uomini e la aspettiamo martedì quando, a San Siro, vincere contro l’Ucraina diventerà fondamentale per segnare un nuovo inizio.
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