La lunga estate della scuola
Molte più ragioni contro che a favore di un'idea che sa tanto di improvvisazione.
Per le scuole di ogni ordine e grado l’anno scolastico avrà inizio dopo il 30 settembre, anche perché «l’Italia vive di turismo». Giustificata in questi termini, la proposta che nei giorni scorsi ha sollevato un polverone nel nostro Paese risulta piuttosto risibile. Un po’ come proporre che le diete di alcuni malati vengano sospese durante il periodo natalizio in quanto ciò gioverebbe al settore gastronomico. In effetti sulla proposta di legge che procrastinerebbe l’apertura delle scuole agli inizi di ottobre, avanzata dal senatore del Pdl Rosario Giorgio Costa, il ministro della Pubblica Istruzione si è per ora dichiarato solo «favorevole a discuterne».
Tuttavia, dal momento che il calendario scolastico è competenza delle regioni e non del governo centrale, sarebbe necessario un accordo tra Stato e poteri locali. Al momento però le voci contrarie sembrano essere ben più numerose e infuocate di quelle favorevoli. Dove verrebbero infatti lasciati i bambini durante il mese di settembre, quando i loro genitori riprendono il lavoro? L’organizzazione familiare riposa su equilibri precari che è pericoloso infrangere. Inoltre, se per le regioni marittime come la Puglia (da cui viene il senatore Costa) settembre è senz’altro un mese turistico, per quelle interne come il Trentino sarebbe più utile prolungare le vacanze invernali che non quelle estive.
Da qualche parte si è anche fatto notare che settembre è un periodo più agevole ai vacanzieri perché i costi delle strutture turistiche sono più bassi: in questo modo anche famiglie meno abbienti potrebbero godersi le loro agognate vacanze. Resta inteso che altre famiglie, che hanno già prenotato e che a breve apprenderanno di dover sostenere i costi dei centri estivi per i loro figli quando a settembre torneranno al lavoro, forse saranno costrette a disdire le prenotazioni.
Il vero interrogativo riguarda, però, la data di chiusura delle scuole. Se essa verrà posticipata, gli alunni saranno costretti ad andare a scuola fino alla fine di giugno e ad affrontare la maturità a fine luglio, martoriati dall’afa estiva (anche perché, è bene ricordarlo, nelle aule non ci sono i condizionatori). Se invece la data conclusiva resterà invariata e si aumenteranno semplicemente i giorni di vacanza, avremo un anno con meno di 200 giorni di scuola su 365. In entrambi i casi non sembra che gli effetti della proposta garantiscano un miglior rendimento scolastico, sebbene non sia chiaro se ciò interessi ancora a qualcuno.