La luna piena di Pina Bausch
Vollmond (luna piena), fra le ultime creazioni di Pina Bausch, celebra la ricerca di un contatto umano da conquistare.
Inizia con una bottiglia vuota tenuta in mano da un uomo intento a catturare il suono nell’aria. Altri, col fischio prodotto, danno vita ad una melodia. Faranno lo stesso frustando l’aria con dei bastoni. Ma il suono costante di Vollmond (luna piena) – fra le ultime creazioni di Pina Bausch, prima della sua scomparsa – è quello acquatico. Acqua vera, come pioggia battente. Nella vasca ricreata sul palcoscenico diventa fiume da attraversare a nuoto, o con una barchetta di plastica, sguazzandoci o perlustrandola come coccodrilli. Acqua da buttarsi addosso in una battaglia che è gioco liberatorio.
Vi si danza nella quiete del rigagnolo, o nella risacca di un’onda che si infrange sull’enorme scoglio dominante la scena: meteorite abbattutosi sulla terra in una notte di luna piena, che influenza e stravolge i ritmi e gli equilibri comportamentali fra le persone. Nel susseguirsi di gag si celebra, ancora una volta, la ricerca di un contatto umano da conquistare: negli approcci e nelle schermaglie, negli abbracci espressi o rifiutati, nelle sfide da ingaggiare per dimostrare di esistere. La danza predomina: nei movimenti ondeggianti e potenti delle braccia, nelle scivolate a terra, nelle sequenze veloci di gruppo. Soprattutto negli assoli. Come quello di Dominique Mercy che, dall’iniziale incedere clownesco, trasforma i suoi gesti in una struggente materia di sofferenza redenta.
Al Piccolo di Milano, dall’11 al 13/2.