LA LUCE e la luce
Gli apostoli si erano spaventati: il loro maestro doveva essere sconfitto dai suoi nemici. Le loro speranze andavano in fumo: non più cariche, potere, ricchezza… Valeva la pena continuare con lui? Gesù non torna indietro, ha puntato su Gerusalemme e nessuno può fargli cambiare parere: «Se qualcuno vuol venire dietro a me… prenda la sua croce e mi segua» (Mc 8,34).
Ma non vuole lasciare l’impressione che la croce sia l’ultima parola, che la sua terra sia solo una valle di lacrime, che il suo progetto sia un distillato di masochismo. Allora esce dalla valle (di lacrime) e sale su un monte, dove splende il sole: lui. Non è illuminato dal di fuori, è la sorgente della luce. Dirà: «Io sono la luce del mondo» (Gv 8,12). Si è portato dietro tre testimoni, i soliti Pietro, Giacomo e Giovanni, che si ricredono: vogliono restare con lui ora, in maniera stabile, è troppo bello!
Non hanno capito che quella luce non è per essere orientata su sé stessi, ma per illuminare gli altri. Se no, si spegne. Devono scoprirla dentro di sé, cavarla dal più profondo del loro essere, dove lui l’ha nascosta. Ascoltandolo, diventano come lui, il Figlio amato, realizzano la loro identità vera. Non possono rimanere stabilmente sul monte, devono ritornare sulla strada verso Gerusalemme, ma fatti diversi. Sapendo che come il candelabro deve essere messo in alto per illuminare, così la Luce deve essere innalzata sulla croce, per rompere le tenebre.
Allora quello che Gesù dice è logico e non può fare paura. Anzi: «(anche) voi siete la luce del mondo» (Mt 5,14).