La luce che viene dall’alto

Benedetto XVI impone la berretta rossa a 22 nuovi «principi della Chiesa», nel quarto concistoro del suo pontificato
Concistoro

Una domenica particolarmente festosa è stata vissuta ieri in Vaticano, a motivo del concistoro in cui il papa ha creato 22 nuovi cardinali. Finalmente un po’ d’aria fresca dopo giorni pesanti, in cui si sono vissuti momenti di tensione e fughe di notizie. Giorni in cui si sono alternate la rivelazione di documenti segretissimi e smentite. Tra complotti contro il papa e veleni tra i vari dicasteri vaticani.
 
Ai margini di convegni e conferenze stampa, non si faceva che parlare di questo con i microfoni intenti a carpire dichiarazioni inedite e confessioni possibilmente personali. È stato padre Federico Lombardi, direttore della Sala stampa vaticana, il primo a coniare il termine “Vatileaks”, per denunciare il tentativo di creare confusione e sconcerto, mettere in cattiva luce il Vaticano, il governo della Chiesa e più ampiamente la Chiesa stessa. «Quindi, calma e sangue freddo, e molto uso della ragione», aveva chiesto nei giorni scorsi padre Lombardi.
 
Ma va a finire sempre così: più delle parole sono le immagini, le storie che si intrecciano, la migliore via per dare testimonianza della realtà. Nessuna smentita può essere più credibile della vita. E quando il papa si incontra con i suoi più diretti collaboratori, quando le immagini riprendono quella distesa di cardinali provenienti da tutto il mondo, che si inginocchiano uno a uno davanti al papa ricevendo i segni di una «dignità cardinalizia» che ha il colore del sangue, ogni dietrologia si dissolve come polvere al  vento.
 
Chi sono allora gli “uomini del papa”? È il card. Fernando Filoni, che nel suo indirizzo di saluto e di ringraziamento al santo padre, a dare il senso più intimo del cardinalato:  «La porpora di cui siamo stati insigniti – dice – ci rammenta il mistero profondo della sofferenza di Gesù, che rivestito dai suoi aguzzini di un manto purpureo e presentato così alla folla da Pilato, si è umiliato facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce».
 
È la parola “umiltà” il termine più ascoltato in questi giorni di concistoro: tra i nuovi cardinali, ci sono gli italiani Giuseppe Betori, arcivescovo di Firenze, e Antonio Maria Vegliò, presidente del Pontificio consiglio per i migranti. Grande gioia poi nel mondo focolarino ha suscitato la creazione cardinalizia di João Braz de Aviz, attuale prefetto della Congregazione per gli istituti di vita consacrata, cresciuto fin da quando era un giovane seminarista alla “scuola di comunione” di Chiara Lubich
 
Dunque vescovi, teologi, uomini di curia. Se sono arrivati nel cuore della Chiesa – chiarisce subito papa Benedetto XVI – non è per carrierismo o per meriti puramente personali, ma solo perché hanno saputo dare «onore alle comunità e alle nazioni da cui provenite e di cui siete degni rappresentanti nella Chiesa». Uomini dunque della comunità e di Dio a cui oggi con l’emblema della porpora cardinalizia la Chiesa chiede «un supplemento di disponibilità».
 
 
In questi tempi di burrasca, risuonano forti le parole pronunciate dal papa: «La Chiesa non esiste per sé stessa, non è il punto d’arrivo, ma deve rinviare oltre sé, verso l’alto, al di sopra di noi. La Chiesa è veramente sé stessa nella misura in cui lascia trasparire l’Altro – con la “A” maiuscola – da cui proviene e a cui conduce. La Chiesa è il luogo dove Dio “arriva” a noi, e dove noi “partiamo” verso di lui; essa ha il compito di aprire oltre sé stesso quel mondo che tende a chiudersi in sé stesso e portargli la luce che viene dall’alto, senza la quale diventerebbe inabitabile».
 
 
 

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