La lotta alla povertà diventi una priorità dei politici

La lotta contro la povertà non manca di analisi, ma di soggetti politici credibili. Il “pensiero incompleto”, secondo la definizione di papa Bergoglio, come orizzonte per una nuova azione dei cristiani nel mondo. Intervista al professor Vittorio V. Alberti, responsabile Ricerche sulla politica del Pontificio consiglio della giustizia e della pace
povettà e politica

L’incontro di Francesco con i rappresentanti dei movimenti popolari diffusi in tutto il mondo, avvenuto nell’ottobre del 2014, è stato un evento eccezionale che ha generato stupore e incredulità. Il testo dell'intervento del papa è un vero manifesto per l’impegno sociale con una nettezza di analisi e proposte che si è potuta riascoltare nel videomessaggio del 7 febbraio indirizzato in occasione della presentazione dell’Esposizione universale di Milano Expo 2015.

L’incontro con i movimenti popolari è stato organizzato dal Pontificio Consiglio Justitia et Pax, presieduto dal cardinale ghanese Peter Kodwo Appiah Turkson. Vittorio V. Alberti è “officiale” di questo dicastero della Santa Sede, docente di Filosofia presso l’università Lateranense, è direttore della rivista «Sintesi Dialettica» e autore di diverse pubblicazioni. L’ultimo libro, già dal titolo analizza, sul piano filosofico, “Il papa gesuitaa partire da quel “pensiero incompleto”, cioè il pensiero che non si chiude e che non alza muri alla riflessione, che costituisce il tratto intellettuale del gesuita secondo la definizione delle stesso Jorge Mario Bergoglio.

Lo abbiamo incontrato durante un recente incontro pubblico organizzato dal movimento Quarto Mondo Atd, la realtà che, nel solco della vita di padre Joseph Wresinski, si batte per il rifiuto radicale, assoluto, della miseria nella consapevolezza che questa parola (miseria) è stata “evacuata del linguaggio politico e sociale”. Lo dimostra il recentissimo rapporto curato da ActionAid e Open Polis intitolato "Lotta alla povertà: cosa ha fatto la politica italiana?": sui 35.128 atti presentati nel corso della XVII Legislatura che ha preso avvio nel marzo 2013, solo 286 (lo 0,8 per cento) si occupano di inclusione sociale.

Nel suo intervento all'evento di Quarto Mondo ha affermato che ciò che manca oggi non è l'analisi, ma un soggetto capace di fare propria la lotta alla povertà come obiettivo prioritario. Cosa ha generato questa carenza?
«Da diversi decenni manca una seria elaborazione culturale che sia in grado di donare linfa ideale, e quindi respiro, all’agire politico. Questo vale per tutte le formazioni politiche. Per quanto riguarda il mondo cattolico, occorre ridare libertà e movimento culturale al laicato intellettuale, colpevole di silenzio, disunione e miseria negli ultimi anni. I politici di ispirazione cristiana si sono confinati (anche opportunisticamente) nel mito piuttosto angusto dei “valori non negoziabili”, restringendo così, in modo soffocante e improprio, il campo dell’ispirazione democratica del cattolicesimo sociale, democratico, liberale. Quanto alla povertà, occorre elaborare un progetto di ampio respiro filosofico che sia in grado di comprendere lo stato del capitalismo attuale, sul piano globale, per arrivare a un’idea filosofica che faccia concordare giustizia e libertà secondo criteri contemporanei. La crisi offre questo genere di spazio».

Nell’incontro con i movimenti popolari, il papa ha usato espressioni che solo qualche tempo addietro, non sarebbero mai state pubblicate su molte riviste cattoliche. Come ha osservato, metà dei rappresentanti dei movimenti non erano cristiani. Vuol dire che per molti di loro è stato necessario uscire dalle strutture della Chiesa per essere paradossalmente più vicini al cuore del messaggio evangelico?
«Anche questo è vero, ma non solo questo. Il cristianesimo è libertà di pensiero. È ora di capirlo, sia dentro che fuori dalla Chiesa. Con Francesco finalmente questo si può comprendere e vivere di più. Benedetto aveva già indicato questa direzione, ma è stato, invece, interpretato come una specie di grande inquisitore, come un garante di conservazione. È stato interpretato così, sia all’interno che all’esterno della Chiesa, ma niente è più sbagliato di questo e il gesto della rinuncia al soglio petrino è lì a rappresentarlo. Peccato che non se ne parli di più. E bene. Dal momento che il cristianesimo è libertà di pensiero e ricerca, il credente e il non credente non possono che convivere in un'unica persona. Non c’è divisione in campi avversi. Di qui, la necessità di una nuova idea di laicità».

Quale tratto fondamentale del discernimento ignaziano si può cogliere in papa Francesco in questo momento della storia?
«La carità come categoria intellettuale, oltre che morale. Così vista, la carità risulta essere la condizione fondamentale per una potente libertà del pensiero. Vedo questo, oltre che la visione dialettica dell’esistenza, dalla quale emerge autenticità, coraggio e libertà di espressione. Ecco la fondamentale critica al clericalismo».

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