La litigiosità dell’America Latina
L’annosa contrapposizione tra Venezuela e Colombia non si può ridurre ad un singolo evento o ad una dichiarazione più o meno roboante. Ma l’episodio simbolico della distruzione di due ponticelli al confine con la Colombia da parte dell’esercito venezuelano lo scorso 20 novembre non ha nulla di folcloristico. Tant’è vero che la Colombia ha messo in mezzo persino il Consiglio di sicurezza dell’Onu.
Ma cosa accade veramente tra Venezuela e Colombia? In estrema sintesi, tra Caracas e Bogotà si combatte una sorta di battaglia virtuale nella quale i due Paesi assumono ruoli che vanno al di là della rispettiva retorica nazionalista. È una sorta di braccio di ferro – la cui storia viene da lontano – sulle prospettive di futuro del continente: se legato, cioè al grande vicino del Nord (gli Stati Uniti), oppure attraverso una strada di sviluppo autonoma.
Ma la realtà è ben diversa, ed oggi l’America Latina non può più permettersi il lusso di queste semplificazioni caricaturali della sua stessa funzione nel mondo. Se parlasse con una sola voce, l’America Latina potrebbe vantarsi di detenere un terzo del Pil degli Stati Uniti, il 40 per cento dell’acqua potabile del mondo, la maggiore concentrazione di biodiversità nel mondo. Nonostante la crisi mondiale, già nel 2010 l’America Latina, secondo le stime del Fmi, avrà un tasso di crescita del tre per cento, con picchi del cinque per il Brasile e del quattro per il Cile.
Tuttavia molte nazioni si ostinano ad alimentare una anacronistica “microfisica del conflitto”, un’acutizzazione della litigiosità tra Paesi vicini e non solo (oltre a Venezuela e Colombia, Ecuador e Colombia, Argentina e Uruguay, Venezuela e Perù, Cile e Perù, Perù e Bolivia), fenomeno che spiega in parte anche l’assurdo aumento del 91 per cento delle spese militari nel subcontinente americano durante gli ultimi quattro anni.
In campo economico, ci si chiede ad esempio perché il Cile importi il gas naturale dalla lontanissima Indonesia invece che dal vicino Perù. Nel continente c’è voglia di protagonismo globale, ma è dubbio che questo possa avvenire in ordine sparso e con iniziative estemporanee (che c’entra l’Iran nella iniziativa latinoamericana denominata “Alba”, “Alternativa Bolivariana para America”?). C’è bisogno di rifondare la solidarietà continentale su basi rinnovate, con progetti in infrastrutture ed energia, nella valorizzazione dell’ambiente come risorsa, nella ricerca scientifica e nell’innovazione tecnologica. Un nuovo ciclo di integrazione regionale, adottando nuove formule, ma soprattutto politiche più sensate di “amicizia continentale”.