La libertà dell’arte “concreta”
Le forme si susseguono una accanto all’altra, suscitando pensieri. Non si tratta solo di tinte sfavillanti o brunite; nemmeno di citazioni da Mirò, Klee o Kandiskji dentro le opere. C’è qualcosa, quadro dopo quadro, che lega tutti e li rende affascinanti. Così che questa mostra – fra le troppe di oggi – fatta di lavori scelti e ristretta all’immediato dopoguerra, è più che una rassegna: chi la vedesse per la prima volta, se ha conservato la capacità di stupirsi, resterebbe felicemente sorpreso. Perché (ed è capitato a chi scrive) la visita non può essere frettolosa: qualcosa invita ad indugiare, a restare. Bruno Munari, anni ’50 e ’51, compone Negativopositivo, lavori sperimentali di forme “astratte”, non figurative, ma quanto mai “concrete”. Perché il grigio su cui si alza il giallo forte è visione del “negativo” non certo pessimista, ma come sfondo per una luce abbagliante. È un’idea, questa, che germoglia subito dalla visione, come un pensiero rapido. Nel lavoro del ’51, il ricordo degli spazi alla Mondrian si personalizza nella gioia di rosso e giallo in orizzonti dilatati: l’arte come stupore, il “negativo” (della vita dell’animo del pensiero) ribaltato in luminosità espansa. Esiste ancora il negativo-negativo? Nascono subitanee queste riflessioni, perché questi dipinti sono frutto di giovani che han voglia di creare novità. Si lasciano portare dallo scherzo e dalla fantasia. Atanasio Soldati inventa un Uccello impigliato, lirico come un sogno dai colori tesi e acquerellati: lo si “vede” l’uccello nelle forme aguzze, nella policromia che si incrocia e si scioglie come una sola realtà diversificata. Tutto è uno nel cosmo sembra dire quest’arte: liberiamo, esploriamo quest’Uno, molteplice in forme perfette. Cosa ha ad esempio di nuovo una tela come Composizione (Dominante giallo) di Salvatore Garau, anno 1948, dall’evidente citazione di Klee, ma insolita nella purezza assoluta del colore? È, forse, la visione di un cosmo “prima ed oltre la violenza” (il secondo conflitto si è appena concluso), incontaminato, di cui le forme colorate sono simboli, immagini, emozioni. La Grande luna dello stesso autore richiama infatti, più che un sogno romantico, l’idea di un universo dove ogni cosa “sta” accanto all’altra in armonia, forma con forma, r a c c h i u s a dalla linea con fermezza cristallina. Vibra in d e f i n i t i v a da queste opere un p e n s i e r o , un’ansia di nuovo, dopo la purificazione della guerra: la figura non basta più, occorre elevarsi oltre il dolore, e sono le forme “astratte” a rendere concrete le emozioni per qualcosa che gira intorno a noi e non sappiamo ascoltare. Ecco perché Galliano Mazzon compone il Movimento musicale, anno 1950, di un mosaico vibratile di bianchi e neri: un insieme che procede verso una meta finale, mosso da una mano senza volto. In questo “andante” si nasconde una tensione spirituale formidable: di chi è questa mano, quale Spirito “concerta” il destino umano verso nuovi cammini? Certo, la componente sperimentale in questi artisti è fortissima, eppure ognuno non si oppone all’altro, ma – ed è questa un’altra sorpresa – lo completa e lo commenta. Così che se Ideo Pantaleoni supera i ricordi picassiani in guizzi vertiginosi verso una luce di speranza, Luigi Veronesi la descrive nella sua Composizione diagonale, 1950, come una danza briosa di ellissi che giocano nello spazio. Sono frasi brevi e lampanti dello spirito umano quelle di quest’arte, ancora così sconosciuta da noi, anche per la brevità della sua stagione. Si tratta infatti di un “movimento” più che ideologico, di sensibilità, di pensiero: un anelito alla purezza creativa, che fa concludere a noi oggi: astratto è bello, perché è vero. Lo mostra con il suo stesso esistere. Fondato a Milano nel 1948 il Mac (Movimento arte concreta) è l’incontro fra astrattisti italiani e stranieri, nel progetto di sostituire al termine astrattismo quello di concretismo perché “ogni forma dipinta o scolpita è di per sé concreta, in quanto esiste”. La rassegna, con 40 opere già esposte in mostre storiche e in numerose Biennali veneziane, documenta soprattutto la dinamica del primo gruppo milanese. ovimento arte concreta. Roma, Museo del Corso, fino al 31/8 (catalogo Edieuropa/De Luca)