La libertà del colore

A Firenze le opere di Helen Frankenthaler a Palazzo Strozzi. Lavori dal 1953 al 2002 della fantasiosa artista americana.

Lei si autoritrae seduta fra le enormi tele sgargianti nel suo studio a New York nel 1957. Colore tra i colori, luce tra le luci vaganti di una sinfonia di tinte che fanno di ogni sua opera una sorta di concerto fra vari colori. Dissonanti, a volte, altre volte più classicamente armoniosi. Liberi, sempre.

Il colore parla. L’avevano capito gli artisti anonimi di Pompei romana, l’hanno compreso e diffuso con entusiasmo i maestri veneti del Rinascimento fino alle visioni floreali di Monet. E lei del colore è sempre stata innamorata. Si potrebbe dire fin dalla nascita a New York nel 1928 e alla morte nel 2011. Si entra nella rassegna fiorentina e non c’è nulla da capire. Solo da immergersi via via, senza paura, nell’oceano luminoso e arcobalenaceo di un mondo dove la fantasia ha il potere, l’anima si libra con assoluta libertà e lei, Helen, pur con tutte le suggestioni dai contemporanei – da Andy Warhol a Mark Rothko, a Pollock, eccetera – rimane sé stessa. Viva.

Guardate Fiesta del 1973 con il rosso che cangia in rosa e poi il verde marcio e sentirete la voglia di danzare, di immersioni nella gioia: un’opera che è una esplosione di ritmi. Oppure, Western Dream (Sogno occidentale, 1957) e si scoprirà una giovane donna desiderosa di immergersi nel “gran mare dell’essere” che è per lei colori vibranti.

Certo, Helen ha appreso molto dai viaggi. Chi osserva Summertime in Italy del 1960 si accorge che la pittrice ha assaporato, vissuto e poi fatto esplodere quello che per lei è l’Italia: azzurro, bianco, arancio; delicatezza e forza di stare al mondo. Poesia.

Talora Helen sembra sfiorare il lato metafisico dell’esistenza, forse senza accorgersene. Ma Mornings (Mattine) del 1971 con quei rivoli di colore dolcissimo nelle variazioni del bianco e dell’arancio solcati da linee sottili e nervose è aria del cosmo e dell’anima. Di lei, innamorata della vita che nasce ogni giorno.

A volte Helen pare ritornare bambina, ed ecco Fantasy Garden, 1991, giardino misterioso e sognato che è tutto fiori, ma non dipinti uno ad uno, bensì rivisitati dalla fantasia nel ricordo come pullulare di emozioni: gioia.

Non mancano momenti di buio, di paura dell’infinito, come se il cosmo precipitasse addosso, e succede in Driving East (Guidando verso Est, 2002) una delle ultime opere. Un cielo rannuvolato, grigio, un cosmo immenso che avvolge tutto come apparizione che genera terrore ed ansia. La fine del mondo, del suo mondo? Opera drammatica, di un silenzio urlante, che attende un qualcosa, o un Qualcuno? La solarità del colore è scomparsa, ora è giorno o notte nebbiosa e grigia. Il colore di Helen si è perso nella epifania di un viaggio che non finisce però nel nulla, ma forse nella scoperta di altri colori ancora più liberi.

Dipingere senza regole. Fino al 26.1 catalogo Marsilio Arte.

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