La lezione di Robert Schuman per l’Europa
Celebrare i 60 anni dalla morte di Robert Schuman a Bruxelles è diverso. Nella città che rende manifesto il suo sogno, tra Berlaymont, sede della Commissione, il palazzo Europa, sede del Consiglio, e il palazzo del Parlamento, ogni giorno migliaia di funzionari e centinaia di politici possono rendere questo sogno più vicino, aspirando a lavorare per quel bene comune sancito dalla Carta fondamentale dei diritti dell’Unione Europea, o allontanarlo, per miopia o cedendo alle logiche di potere che si annidano nelle stanze dei bottoni, e che al bene comune sostituiscono il bene di parte.
Per provare a essere dei “santi in giacca e cravatta” come Schuman che considerava il suo impegno politico una missione, “raccogliamo le sfide professionali, con i nostri 27 Paesi; Schuman ne aveva solo 6!”, è l’invito di padre Krystian Sowa, SJ, direttore della Cappella per l’Europa, spazio ecumenico di preghiera al cuore del quartiere europeo: “Schuman parlerebbe di un progetto comune, di bene comune. Non si tratta di spazio comune tra 27 interessi particolari, più o meno egoisti, – continua il gesuita – ma di uno spazio dove tutti i Paesi e tutti i popoli possano crescere nella maniera più piena. Senza lasciarsi scoraggiare da populismi e nazionalismi, ma andando oltre il “business” Europa”.
Il contesto è la messa celebrata il 4 settembre dal direttore della Cappella insieme a don Manuel Barrios Prieto, segretario generale della Comece e promotore dell’evento in ricordo dei 60 anni dalla morte di Robert Schuman, il politico padre fondatore dell’Europa unita.
Il 2023 è l’anno europeo delle competenze. A don Manuel abbiamo chiesto quali sono le competenze che Schuman ci inviterebbe oggi a coltivare: “L’apertura agli altri e alle differenze tra noi. Questa sarebbe una priorità. Creare un’unità che vada al di là, integrando ma rispettando le differenze. E l’unità. Essere insieme. Creare unità sarebbe un’altra competenza che Robert Schuman incoraggerebbe e promuoverebbe. Infine, essere costruttori di pace, superare la conflittualità delle nostre vite quotidiane. Sono competenze che vanno al di là di quanto si richiede per i lavori, per la promozione professionale, ma sono competenze umane fondamentali per costruire insieme una società più giusta e più bella”.
La Comece ha anche un’interessante rete di confronto con i giovani, un “gruppo consultivo permanente” con un giovane per ogni conferenza episcopale europea; ogni anno offre un documento, il prossimo sarà un documento sulle elezioni europee. Il messaggio di Schuman è attuale anche per loro? “Credo di sì”, risponde don Barrios, “noi diamo per scontata la pace in Europa, ma come abbiamo visto con la guerra in Ucraina, la pace non è qualcosa di scontato ma è da costruire ogni giorno; un’Europa più solidale, più giusta, più fraterna, è un compito di tutti noi, e credo che questo messaggio ai giovani arriva, è un compito di tutti costruire questa Europa di pace”.
Elena Possia, funzionario al Consiglio dell’Unione Europea, fa anche parte del team del Focolare progetto per l’Europa. A fine celebrazione confida che, nonostante la disillusione verso la politica, che non sempre dà il meglio di sé “l’immagine che mi ha lasciato Schuman è che gli uomini ispirati, dritti nei valori, eticamente, possono arrivare e dare contributi importantissimi, mettendo così in luce i politici che danno la vita per il bene comune”. “Come funzionaria a cosa ispirarmi dalla sua vita? Non tanto al santo da miracoli, ma all’uomo che ha saputo vivere le virtù cristiane con eroismo. Possiamo immaginare cosa volesse dire come uomo politico del dopoguerra, mantenere queste virtù, e questo per ognuno può essere diverso, con la propria coscienza, con valori di fondo diversi, però lì dove siamo, come funzionari, possiamo essere dritti, con questa giustezza di fondo, eroicamente corretti”.
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