La lezione egiziana
Mentre il mondo mediatico malato di istantaneità già dimentica la visita in Egitto, interessandosi ai tanti aspetti collaterali del viaggio per poi metterlo nel dimenticatoio, qualche elemento va tenuto presente nel valutare l’insieme della visita. Alcuni osservatori, va detto, lo hanno fatto con acume e sollecitudine. Così si è sottolineata l’importanza del discorso di Francesco al presidente al-Sisi, in cui erano presenti tutte le inquietudini provocate dal regime attualmente al potere al Cairo: rispetto dei diritti umani (caso Regeni compreso), attenzione alle libertà (significativo il siparietto informale in cui il papa e il presidente hanno discusso di libertà), rispetto delle minoranze, uso della forza. Ma il papa ha presentato queste “richieste” con garbo, sottolineando quanto già si fa, cercando di sostenere più che di abbattere.
Altro avanzamento sottolineato da più osservatori è quello del “ribattesimo”, cioè della pratica invalsa in alcune Chiese ortodosse di ribattezzare i cristiani provenienti da altre Chiese. Una pratica che in realtà significa “scomunica” dell’altra Chiesa, vuol dire non riconoscere il fondamento dell’unico battesimo, uno dei pilastri sui quali Bergoglio non molla mai. Tawardos II e Francesco, i due papi, hanno sottoscritto un documento in cui non obbligano nessuno, ma invitano caldamente a evitare la pratica del “ribattesimo”, che il predecessore di papa Tawardos II, Schenouda III, aveva praticamente introdotto nella Chiesa ortodossa copta.
In campo interreligioso, infine, il papa ha capito una naturale esigenza proveniente dal mondo musulmano: riconoscere che le vittime del terrorismo sono in primo luogo i musulmani stessi e che non si può quindi parlare di terrorismo islamista, né tantomeno di terrorismo islamico, ma sempre e solo di terrorismo. Si potrebbe discutere a lungo su questa distinzione, ma è certo che bisognerebbe eventualmente parlare di terrorismo proveniente da regioni a maggioranza musulmana, perché la religione, come ha più volte ripetuto il papa, non ha nulla a che fare col terrorismo. Un passo in avanti colossale, perché ha schierato tutti contro il terrorismo, cristiani e musulmani insieme.
Il papa ha pure incontrato la comunità copto-cattolica, meno dell’1 per cento della popolazione (era questo lo scopo primo del viaggio del papa, che come sempre “pastoralmente” si reca a incontrare i fedeli della Chiesa cattolica). Ebbene, li ha rassicurati ma anche spronati ad essere cristiani tutti d’un pezzo e ad evitare ogni tentazione di vendetta, di ripiegamento, di isolazionismo: «La vera fede è quella che ci porta a proteggere i diritti degli altri, con la stessa forza e con lo stesso entusiasmo con cui difendiamo i nostri. In realtà, più si cresce nella fede e nella conoscenza, più si cresce nell’umiltà e nella consapevolezza di essere piccoli», ha detto all’Air Defense Stadium.