La lettura negata

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Giorni fa ho incontrato una ragazza di 15 anni che frequenta la prima superiore. L’ho conosciuta assieme ai genitori quando ancora era alle elementari e faceva errori nella lettura e nella scrittura, che si sperava si sarebbero risolti col tempo. Bocciata alle medie, legge ancora con difficoltà e ad una velocità parecchio inferiore rispetto a quella dei coetanei. Ma come fai a studiare?, le chiedo. E lei: In classe sto attenta, e i miei genitori mi aiutano, leggono un po’ per me. A quindici anni e mezzo, i genitori leggono per lei! La madre mi riferisce che la scuola vuole una certificazione di handicap per poter metterle accanto un insegnante di sostegno. I genitori, però, rifiutano questa soluzione. È un po’ bruciante, a quell’età, essere considerati handicappati se non lo si è. Perché Laura è una splendida ragazza vivace, bravissima in disegno. Ma è dislessica, un disturbo di cui soffrono in Italia un milione e mezzo di persone. La madre mi dice che a scuola le hanno rifiutato l’uso del portatile per i compiti in classe, perché non è previsto dal regolamento. L’incontro con Laura e sua mamma mi stimola a saperne di più sull’argomento. Prendo contatto con l’Aid (Associazione italiana dislessici), sorta una ventina di anni fa, che ha ramificazioni in numerose città. Scopro tutto un mondo di genitori, insegnanti, medici ed esperti in scienze neurologiche e psicopedagogiche che si è mobilitato attorno a questo problema. Mi dicono che tanto poco si è fatto, e molto invece si potrebbe fare, per offrire ai ragazzi dislessici opportunità di apprendimento. Il disturbo si manifesta in età scolare come difficoltà nella lettura (dislessia, appunto) che risulta stentata e rallentata rispetto a quella dei coetanei, con una scrittura poco chiara e con errori tipo inversione di lettere e sillabe (disgrafia), con una difficoltà di calcolo e sovente di inversione di cifre (discalculia). Gli esperti dell’Aid raccomandano una consulenza medica specialistica tempestiva, di incoraggiare il bambino e non metterlo in imbarazzo davanti alla classe definendolo lento, pigro o svogliato. Ma può anche verificarsi il caso in cui la mente lavora ad una velocità superiore alla capacità della mano di scrivere. Riferiscono di un ragazzo che eseguiva operazioni algebriche complicate in brevissimo tempo, ma poi è stato bocciato perché non riusciva a trasferire i calcoli fatti a mente sul foglio scritto. È un po’ quanto è successo a Giovanni, il primogenito di Donatella Mecca, madre di cinque ragazzi, tutti affetti in varia misura da questo disturbo. Giovanni è un bambino tranquillo, riservato. Avendo perso il papà molto presto, si sente responsabile verso i fratelli più piccoli. Ed è forse per non dare preoccupazioni alla mamma che è riuscito a nascondere per tanto tempo le difficoltà incontrate a scuola. Tutto filò liscio – racconta la signora Mecca – sino a quando, in seconda elementare, Giovanni tornò da scuola tutto agitato. Vero che esistono i numeri sotto lo zero? Perché tutti mi dicono che non si può fare 5 meno 7?. Certo che si può fare – gli rispondo -. Secondo te, quale è il risultato? . Meno 2. Mi rendo conto che non tutti giocano con i numeri come fa lui e che i numeri negativi non possono rientrare nel programma di seconda elementare. Per lui questa, fatta spontaneamente, è un’enorme scoperta, che però lo lascia solo. La sua dislessia fu diagnosticata solo dopo le elementari. Prosegue la signora Mecca: Giovanni si appassionava a tutte le materie ed amava molto i libri. Ne portava a casa uno alla settimana dalla biblioteca scolastica ed ogni sera mi chiedeva di leggere per lui. Poiché questa cosa piaceva molto sia a lui che agli altri fratelli più piccoli, leggevo per lui montagne di libri e non mi ponevo domande sul perché preferisse che leggessi io. Anche la maestra era soddisfatta. Il ragazzo frequentava una scuola sperimentale, dove non si utilizzava il libro di testo per le materie. Si facevano ricerche sugli argomenti da trattare ed i bambini avevano a disposizione una biblioteca ben fornita. Il lavoro si svolgeva in gruppi e ciò non permise di far emergere le difficoltà di Giovanni nella lettura e nella scrittura. Era talmente bravo che vinse pure un premio istituito dal comune per il ragazzo più meritevole della classe. I guai vennero dopo, alle scuole medie. Per le materie di studio non bastava più stare attenti in classe. Le pagine da studiare a casa erano aumentate e la grafia scomposta con gli errori di ortografia non più tollerati. Anche la matematica con i suoi calcoli precisi aveva il suo peso. In seconda media arrivò il crollo definitivo. Fu bocciato, mentre tutti gli raccomandavano di studiare di più, di impegnarsi. Per lui – dice la mamma – deve essere stata un’amarezza immensa. Ma per me lo è stato ancora di più, perché non l’ho capito. Contemporaneamente, fu diagnosticata al fratellino Luca, di sette anni, una forma di dislessia. Venne il dubbio che anche lui potesse soffrirne. Ne parlarono in famiglia, e finalmente Giovanni si convinse a fare una visita specialistica. Diagnosi: dislessia, disgrafia e discalculia. Le spiegazioni dei medici – prosegue – furono per me illuminanti e vidi sotto una luce nuova tutti i fatti. Ecco perché mi chiedeva di leggere per lui, ecco spiegata la sua scrittura indecifrabile! Lui era sempre il ragazzo sveglio e intelligente di prima, solo con difficoltà che non dipendevano da lui e che non poteva superare da solo. Donatella Mecca vive a Varese, ed ha il suo da fare quotidiano a mantenere ed educare i suoi cinque meravigliosi ragazzi. Eppure non si tira indietro, anzi si rimbocca le maniche ed organizza incontri, seminari con esperti, in cui prova a descrivere la sua esperienza, le difficoltà incontrate a scuola da ciascuno, le possibili soluzioni. Insomma, la vita diversa che una famiglia conduce quando si trova a convivere con la dilessia. Io non intendo affrontare l’argomento – dice – dal punto di vista medico o scientifico: altri lo hanno fatto prima e meglio di me. Io sono solo una mamma che per amore ha imparato tanto sul tema. Ma è importante parlarne, giacché quanto succede nella mia famiglia è sicuramente una situazione comune a molte altre. Un bambino che presenta queste difficoltà sia a casa che a scuola ha bisogno di un ambiente sereno, di sentirsi accettato per quello che è, valorizzato nella sua diversità, nelle sue peculiari qualità. La dislessia, dunque, non è causata da problemi ambientali, psicologici o sensoriali. Né, tantomeno, è legata all’intelligenza. E pensare che di questo disturbo hanno sofferto personaggi come Einstein, Churchill, Yeats, John Kennedy e Walt Disney, inclusi numerosi premi Nobel. Per non considerare il sommo Leonardo da Vinci la cui caratteristica grafia è decifrabile solo davanti allo specchio. È recente la notizia dell’individuazione, da parte dei ricercatori dell’Università di Helsinki e dell’Istituto Karolinska di Stoccolma, del gene da cui il disturbo prende origine. Dalla ricerca dei genetisti scandinavi è emerso che negli individui colpiti da dislessia le informazioni vengono elaborate in aree del cervello diverse da quelle normalmente utilizzate. È come se la natura, che compensa i ciechi con un udito sopraffino ed i sordi con una vista acuta, abbia trovato per i dislessici altre qualità. Si tratta di capire – dice la signora Mecca – in cosa questi bambini siano più portati. Spesso hanno una passione per aggiustare le cose, perché vogliono capire il funzionamento di tutto. Per la loro mente ogni oggetto o simbolo (la lettera dell’alfabeto come un disco), è tridimensionale, e possono indifferentemente vederlo, con la loro mente, da dietro, da sopra, da sotto. Ecco perché talvolta i dislessici scrivono le lettere rovesciate, allo specchio. Se si ha una visione tridimensionale, una N è sempre una N, da qualunque posizione la si guardi. La dislessia, insomma, come modo di essere della mente. Un modo di essere appassionante, ed ancora così poco esplorato. E in questa strana miscela di difficoltà e di opportunità può esplodere improvviso il genio. Anche noi sappiamo scrivere Poesie, racconti di avventura, pagine di diario scritti e disegnati dai ragazzi Mecca e introdotti da Donatella, che narra l’esperienza della sua famiglia. Sono il volumetto pubblicato da una piccola casa editrice di Varese che divulga libri e romanzi, con una particolare attenzione ai problemi sociali. Costa 13,00 euro e si può richiedere a: La Casa dell’Amico – Via Merano 21- 21100 Varese – e-mail casaamico@libero.it

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