Torna la legge del taglione
Sull’immigrazione si giocherà il futuro di gran parte del nostro mondo europeo, e forse anche dell’intero pianeta. Che vi siano 60 milioni e passa di persone al mondo che si spostano in questo preciso istante per questioni belliche, politiche o economiche (in fondo poco importa in che “categoria merceologica” mettiamo gli immigrati, sono sempre e comunque esseri umani alla ricerca di una vita migliore, di “felicità”, come dice Francesco) non può lasciarci indifferenti.
Le ripetute immagini di dolore hanno portato da una parte molta, troppa gente all’assuefazione; dall’altra un cospicuo gruppo di utenti dei media digitali hanno sentito aumentare nel proprio cuore un po’ più di umanità e nel cervello un po’ più di argomentazioni per prendere la parte dei più deboli.
A ben guardare, è tutta la dottrina politica dei diritti umani – e quindi del diritto d’asilo e quindi della libertà di movimento e quindi della libertà di pensiero e di religione… – che è in gioco. Riflettiamo un po’: coloro che pensano che il nostro stile di vita sia determinato proprio dalla dottrina dei diritti umani ereditata dalla Rivoluzione francese debbono porsi alcune domande fondamentali: questi diritti hanno ancora valore? Riguardano altri popoli, e non solo i francesi, o i britanni, o ancora gli statunitensi, o gli italiani? La Dichiarazione dei diritti umani è «universale»? Se rispondiamo di sì a queste tre domande dobbiamo essere coerenti affrontando la questione delle migrazioni.
L’immigrazione in effetti mette in crisi la dottrina dei diritti umani e lascia i più deboli ancora più deboli, cosa che sta accadendo non solo nel deserto libico, ma ormai pure in quello algerino, e alla frontiera tra Bangladesh e Myanmar, e nella zona dei Grandi Laghi, e nello Yemen… C’è qualcosa di assolutamente falso, di fake, in tutto quello che sta accadendo. Ma perché pensiamo che i diritti umani siano alla base della nostra civiltà europea e chiudiamo i porti, erigiamo muri, respingiamo gente che avrebbe diritto all’asilo, finanziamo guerre e vendiamo armi tanto il denaro non ha odore?
Mi pongo allora io una domanda: che non si sia dimenticata la base della dottrina dei diritti umani, che è soprattutto giudeo-cristiana, anzi, soprattutto cristiana? Non è possibile parlare di fraternità senza considerare Abramo-il migrante e Gesù Cristo-l’espulso, ma questo non è oggi politicamente corretto. Si sventola il Vangelo a fini elettorali e non si sa che cosa contenga. Questi migrati sono nostri fratelli, non c’è alternativa possibile, a meno di travisare totalmente e scientemente le pagine del Vangelo.
A meno di oscurare la propria mente nelle logiche del sovranismo più becero o del fascismo più populista.
La fraternità evita nazionalismi-populismi-sovranismi e si mette dalla parte del popolo, cioè in primis dei poveri, attorno ai quali costruire un intero sistema politico. Oggi cresce invece, esponenzialmente, il capitalismo nazionalista impersonale e così muore automaticamente quel po’ di fraternità che avevamo messo su in secoli di guerre e di pace.
Torna la barbarie, torna quella legge del taglione che non è retaggio del Primo Testamento, come si pensa troppo semplicisticamente, ma hammurabica. Non abbiamo paura della pelle scura dei migranti, ma della loro povertà, abbiamo paura che ci rubino parte della nostra ricchezza.