La legalità, un fattore di crescita
In questi anni, anche a seguito della pubblicazione del mio ultimo libro – L’uomo d’onore non paga il pizzo, Città Nuova –, mi sono trovato a girare l’Italia per svolgere incontri con ragazzi di tutte le età, in scuole di ogni ordine e grado, ma con un identico filo conduttore: la legalità non può essere un tema solo morale, ma deve divenire “conveniente”. Portavo e porto ancora oggi questo messaggio forte: il fattore di crescita di cui hanno bisogno il nostro Paese e la nostra economia è la crescita del tasso di legalità.
Ma come far innamorare della legalità le nuove generazioni?
Niente accade a caso. L’anno scorso, in occasione delle manifestazioni in ricordo della strage di Falcone, della moglie e degli agenti della scorta – che, come si ricorderà, portano in città migliaia e migliaia di studenti da tutta Italia attraverso le “navi della legalità” –, qualcuno dei ragazzi del Movimento dei focolari esprime il desiderio di essere presente accanto alle altre forze che in città stanno lavorando per la legalità. Nasce da lì a poco, con l’immediatezza tipica dei ragazzi, il “Progetto legalità”.
Chiedono di incontrarmi e mi fanno centinaia di domande ma soprattutto vogliono sapere, vogliono cogliere cosa la spiritualità dell’unità aveva maturato nei miei libri, nei miei articoli e nelle mie azioni. Racconto loro di come avevo iniziato a scrivere e soprattutto a scrivere di mafia, del mio rapporto con Chiara Lubich e con il fratello Gino, anch’egli giornalista. Racconto loro che quest’ultimo mi implorava di non accontentarmi solo di denunziare il malaffare. Sarebbe stato poco generoso nei confronti della mia terra. La piaga della mia terra – la mafia – dovevo sceglierla, entrandovi dentro con convinzione, senza scorciatoie, ma avendo a cuore che la legalità deve anche essere frutto di un patto fra generazioni affinché nulla vada perduto.
Com’è naturale, questa esperienza non lascia niente e nessuno fermo, e così altri ragazzi si aggiungono al gruppo, ma anche altri adulti: una famiglia, alcune insegnanti, delle mamme, anche oltre Palermo. Il percorso continua con impegno, serietà e fedeltà. Con i ragazzi andiamo presso la parrocchia che fu di don Pino Puglisi, il sacerdote ucciso dalla mafia nel 1993, incontriamo due nostri amici che avevano lavorato insieme al sacerdote nel quartiere di Brancaccio.
Per entrare nel vivo della questione i ragazzi – che si fan chiamare Ragazzi per l’unità – hanno voluto incontrare i genitori dell’agente Agostino, ucciso insieme alla moglie, incinta al quinto mese, il 5 agosto 1989. Ma hanno voluto incontrare e presentare il loro progetto al procuratore della Repubblica di Palermo, Francesco Messineo. Lo stile, poi, è quello dell’unità, cioè un metodo originale e geniale di rivedere anche le piaghe più orribili come occasione di amore per la nostra terra.
Un percorso forte e impegnativo, che ha portato questi ragazzi a partecipare quest’anno alle manifestazioni del 23 maggio in ricordo del giudice Falcone, della moglie e degli agenti di scorta, con una passione nuova per la propria città ma anche con una consapevolezza delle proprie capacità.
Hanno redatto un appello, La Regola d’oro fondamento della legalità, da distribuire a tutti i ragazzi giunti a Palermo, e stanno lavorando per organizzare un Work Fest Ragazzi 2012 il prossimo 2 giugno a Brancaccio «dove padre Pino Puglisi ha dato la vita per il suo sogno e la sua gente».
Uno di loro ha scritto: «Tolgo spazio alla mafia: quando rifiuto le raccomandazioni; quando coltivo l’interesse per la mia città; quando ogni giorno cerco di comprenderne i problemi, capire i suoi bisogni, conoscere le sue risorse; quando lotto a fianco alle vittime di bullismo; quando non accetto scorciatoie; quando non accetto compromessi con la mia coscienza; quando invece di cedere alla tentazione della vendetta, troviamo il coraggio di perdonare, il coraggio di amare».
In una recente indagine, condotta dal Centro Studi Pio La Torre, che ha visto coinvolti 1500 studenti di 94 scuole di tutta Italia, alla domanda: «Cos’è la mafia?», i ragazzi hanno dimostrato non solo di riconoscere il suo esercizio di potere nel territorio, ma di avere ben chiaro il suo tentativo di stabilire rapporti di collusione con la politica. E chiamati a rispondere su “cos’è la legalità”, credono che la sconfitta della mafia non possa che essere conseguenza anche dell’impegno di ciascuno nella vita quotidiana.