La legalità è precondizione della giustizia
"Legalità e accoglienza" è stato il tema scelto dai giovani dei Focolari per questo secondo giorno del meeting di Caserta. Al Palavignola l’atmosfera si va scaldando, non solo per le temperature che insistono sui 40 gradi ma anche per gli incontri, le problematiche, il degrado che si tocca con mano in tanti dei luoghi dell’hinterland napoletano.
Il lavoro sui beni confiscati alla camorra o in spazi recuperati all’uso sociale interroga su che tipo di Paese questi giovani vogliono costruire e vivere. I testimoni e gli atti di eroismo fanno scoprire un popolo diverso: casalesi non è il nome di un clan ma di gente generosa, accogliente, a cui la criminalità ha rubato la vera identità.
Su quattro parole si è giocato il pomeriggio di mercoledì, curato dai giovani di Milano e dintorni: solidarietà, diritti, regole e coesione. Le riflessioni e le testimonianze sono costanti interrogativi su ambiti spinosi del sistema Paese: la legalità è un valore anche dietro le sbarre e per i detenuti? Le leggi di tutela della persona valgono anche per i rom, mentre le ruspe cancellano le loro case fatiscenti? Chi arriva in Italia attraverso le carrette della speranza ha diritto al soccorso oppure va lasciato al suo destino?
I cinquecento presenti si interrogano su questi temi e microfono alla mano raccontano le loro scelte di cittadini e quelle che vorrebbero vedere attuate dalla politica: «Non bisogna scegliere tra legge del mare e legge della terra, ma scegliere la legge della vita», è il commento di Andrea a proposito delle norme sull’immigrazione clandestina; «bisogna risolvere i problemi dei Paesi di provenienza», è la proposta di Laura, «vanno trovate soluzioni per lo ius solis, come in tanti Paesi europei», commenta Irene.
Don Luigi Ciotti, fondatore di Libera, li ascolta attento per un’ora. Sugli spalti, mescolato assieme a questa carica giovane, non distoglie lo sguardo dai loro volti, li scruta, pensa e sorride. Quando prende la parola c’è una standing ovation che lo accoglie. Le sue provocazioni vanno dritte al cuore e stimolano l’intelligenza e l’agire dei presenti: un’ora senza fiato con domande e risposte che non fanno sconti all’impegno personale, alle scelte controcorrente, al protagonismo senza deleghe.
«La legalità non è l’obiettivo – precisa in partenza don Ciotti – non è un valore: è una precondizione per la giustizia. Attenzione a non svuotarla del suo significato, attenzione a non farne strumento di esclusione. Il suo presupposto è sempre l’uguaglianza. Non è possibile rinchiudere nei Cie giovani stranieri che non hanno commesso reati pensando di difendere la legalità. La dignità delle persone viene prima dei diritti».
Insiste poi sul non fidarsi di un concetto di legalità «malleabile e sostenibile», fatto di un rispetto formale di regole che di fatto crea un «codice di legge differente per italiani e stranieri». E invita i presenti a «scavare non solo la terra nei campi, ma a scavare nelle coscienze», a «non delegare sull’impegno perché è un peccato di omissione» e a «denunciare in maniera seria e documentata perché questo è annuncio di salvezza».
Non risparmia la politica e i politici chiamati ad amare «la gente che Dio vi ha affidato perché a Lui dovrete rendere conto». Usa poi le parole di papa Francesco: «Il cambiamento ha bisogno di ciascuno di noi, bisogna essere segni di speranza e investire sul noi perché il cambiamento va vissuto in noi stessi per saldare la terra con il cielo, sapendo che l’azionista di maggioranza del nostro agire resta Dio».
Standing ovation finale e una folla a stringergli la mano e a ringraziarlo per questa speranza che non cede, che incoraggia e che si fa maestra perché sa partire dagli ultimi. Il cantiere è entrato nel vivo dei lavori.
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