La legalità del noi, al tempo del Covid-19
Nel corso della pandemia le mafie e le organizzazioni criminali hanno prosperato, reinventando le proprie attività. La crisi economica provocata dal Covid-19 e il conseguente aumento delle disuguaglianze sono stati un terreno fertile per nuovi commerci illegali, mentre altri – come l’usura – sono cresciuti in maniera esponenziale. Le mafie riescono ad adattarsi ai mutamenti sociali e prosperano dove ci sono povertà, ingiustizie, disuguaglianze, corruzione. Per contrastarle, è necessario un impegno costante e capillare a favore della legalità, della solidarietà e della giustizia sociale.
Ma la forza delle associazioni malavitose, spiega il magistrato della Direzione nazionale antimafia Giuseppe Gatti, non è tanto dentro le mafie – anche se hanno regole rigide e sono fortemente strutturate. La forza della mafia, sottolinea, «è nel vuoto di comunità, un vuoto che nasce da quella “legalità dell’io” che tutti noi ci portiamo dentro: quella che ci fa tirare a campare; che ci fa guardare dall’altra parte; che ci spinge a farci i fatti nostri; a pensare che se le cose vanno male è sempre colpa di qualcun altro; a pensare che non toccherà mai a me».
Paradossalmente, la forza della mafia rischiamo di essere noi. C’è bisogno dunque di una “legalità del noi”, una legalità che comprenda i diritti di libertà, di dignità, di uguaglianza, legati insieme dal dovere della solidarietà. Una legalità, spiega Gatti, che unisca, accolga, integri, includa le persone, che faccia famiglia: una legalità circolare. Il vuoto di comunità genera una solitudine che, commenta Gatti, in terra di mafia può diventare una condanna a morte. La pandemia ha reso più grave questa situazione, mostrando le fragilità del sistema sociale e le contraddizioni esistenti. Ecco perché «è finito – afferma il magistrato – il tempo degli eroi e dei grandi maestri: è oramai giunto il tempo del noi, perché è solo nella condivisione reciproca delle esperienze e delle diversericchezze personali che possiamo trovare la forza e il coraggio di dare risposte nuove a questo periodo di crisi, una crisi che è, prima di tutto, una crisi del noi». E in questo noi ci siamo tutti.
Nessuno, sottolinea Gatti, «può tirarsi indietro o rimanere a guardare: bisogna scegliere da che parte stare o qualcuno sceglierà al posto nostro». Serve un no chiaro e collettivo alle mafie e alle illegalità, che insieme possono essere sconfitte. Di legalità del noi si è discusso, con centinaia di persone, nel corso della Settimana mondo unito, dal titolo #Daretocare, prendersi cura. Ed è proprio nel “prendersi cura” che è possibile contrastare corruzioni ed illegalità. Per l’economista Luigino Bruni bisogna ascoltare il mondo che ci circonda, prestare attenzione ai problemi esistenti e poi prendersi cura dei poveri, dei fragili, di chi è in difficoltà. Un impegno assunto già da tanti economisti, studenti, imprenditori, che con Economy of Francesco cercano di promuovere un’economia attenta alle persone e al mondo in cui viviamo. Ognuno di noi, nella propria quotidianità, può contribuire a un’economia sana: con quel prendersi cura che, ha ricordato Bruni, insegnava don Lorenzo Milani ai suoi allievi quando scriveva sulla parete della scuola di Barbiana “I care”, il contrario del
“me ne frego”.
E di persone, associazioni, comunità che si prendono cura della comunità, che contrastano le mafie, ce ne sono molte, come ricorda il giornalista Rai Gianni Bianco. Hanno i volti di Tiberio ed Enza Bentivoglio, che in Calabria da oltre 25 anni rifiutano ogni richiesta di pizzo, subendo attentati e vivendo sotto scorta. Hanno la caparbietà di Gaetano Saffioti, che ha scelto di vivere con dignità e libertà. «Le persone – afferma – si dividono in due categorie: locomotive e vagoni. Non si nasce locomotive o vagoni: sta a te scegliere se essere protagonista o una semplice comparsa della tua vita». Inogni comunità, ricorda Bianco, è anche importante dare una seconda possibilità a chi ha sbagliato, come fanno in Puglia, a Cerignola, i membri della cooperativa Pietra di scarto. La legalità del noi ha anche il volto dei Giovani per un mondo unito e dei loro amici, che con i Summer campus organizzano e sostengono iniziative solidali in tante città italiane. Bisogna
stare insieme perché per contrastare le mafie, spiega don Luigi Ciotti, presidente dell’associazione Libera, bisogna vincere la solitudine con l’incontro, andando verso gli altri, collaborando per il bene sociale. «Nel nostro Paese – afferma – c’è il pericolo di normalizzare le mafie, mali e problemi mai combattuti davvero», nonostante l’ammirevole impegno e il sacrificio di tanti. «Il cambiamento – sottolinea il presidente di Libera – deve cominciare dalle nostre coscienze, dai nostri modi di essere. Dobbiamo lottare per cambiare la politica, ma dobbiamo cambiare anche noi stessi, dobbiamo metterci in gioco, assumerci la nostra parte di responsabilità e quando tocchiamo con mano il pericolo della normalizzazione delle mafie dobbiamo recuperare tre parole». La prima è conoscenza. Non si può vivere di informazioni di seconda mano e disentito dire. Abbiamo il dovere di sconfiggere un peccato gravissimo: la superficialità. Dobbiamo scendere in profondità. La seconda parola importante per don Ciotti è la consapevolezza: se si conoscono i fatti, si prende coscienza dei problemi e si diventa consapevoli. La terza parola è responsabilità: abbiamo bisogno di essere cittadini responsabili. Solo così, conclude don Ciotti, si potrà costruire la legalità del noi, in cui quel «noi è veramente importante, ha una funzione vitale per l’intera società, che si arricchisce grazie al contributo di tutti, per costruire insieme un orizzonte di vita».
Rivedi la diretta di “La legalità del noi al tempo del Covid-19” con l’economista Luigino Bruni, il magistrato della Direzione nazionale antimafia Giuseppe Gatti, il giornalista Rai Gianni Bianco, Eugenia Passone dei Giovani per un mondo unito e don Luigi Ciotti, presidente di Libera