La guerra in Siria: la giovane della porta accanto

Ricordi di un incontro avvenuto a novembre del 2019 nella città di Montpellier, in Francia, con una coetanea richiedente asilo.
guerra in Siria
Foto Pexels

Ieri ho condiviso del tempo con la ragazza siriana che vive nel mio stesso studentato. Con le mie amiche eravamo andate a mangiare una crêpe in un locale siriano, e grande è stata la sorpresa nel vedere che lei lavorava lì. Dopo qualche giro in centro sono tornata a casa e l’ho trovata, come di consueto, seduta sulle scale del nostro palazzo. Mi ha chiesto un accendino, cosa che porto sempre con me, non si sa mai, e ci siamo messe a parlare. Le ho raccontato dei miei studi sulle migrazioni, del mio interesse per il Mediterraneo e la guerra in Siria. E lei mi ha raccontato come, secondo lei, è nato e si è sviluppato il conflitto.

Mi ha detto che è iniziato nel 2011 con dei ragazzi che avevano sentito in tv e ripetuto delle frasi contro il regime, nel contesto della Primavera Araba in Tunisia che si era estesa poi ad altri Paesi del Medio Oriente. «Erano ragazzi, non sapevano quello che facevano né le conseguenze delle loro azioni», mi ha detto. Mi ha spiegato quindi che quei ragazzi avevano scritto su un muro una frase contro il regime: «È il tuo turno, dottore!». E l’avevano firmata con i loro nomi. Il messaggio era indirizzato al presidente siriano, l’alauita Bashar al-Assad, per rivendicare una maggiore democrazia.

Ha continuato raccontandomi che la polizia del regime siriano – quello dell’attuale presidente che da oltre 20 anni ha il controllo sul Paese e quello di suo padre, che è rimasto al potere per ben tre decenni – ha poi torturato quei ragazzi, la qual cosa ha provocato l’indignazione sociale e l’inizio delle proteste nelle strade. Mi ha parlato di Daesh – ovvero lo Stato Islamico dell’Iraq e della Siria –, di Hezbollah, il partito politico islamista sciita del Libano, degli sciiti e dei sunniti, musulmani appartenenti ai due rami principali dell’islam, contrapposti tra loro.

Mi ha raccontato che la Russia, il Libano, l’Iran, la Turchia e altre grandi potenze partecipano alla guerra per interessi economici e di conquista del territorio siriano, perché lì ci sono tantissime risorse e perché ha una posizione privilegiata nel Mediterraneo per trasferire il gas dai Paesi mediorientali verso l’Europa, il che suscita molti interessi.

Dopo questa panoramica sulla situazione politica, le ho chiesto della sua storia personale. Mi ha svelato che l’esercito siriano era arrivato in una città vicina alla loro, nel sud del Paese, dove aveva iniziato ad uccidere molte persone. Per questo, lei e la sua famiglia avevano soltanto un giorno per lasciare tutto e scappare. Poco dopo, però, i soldati sono arrivati e hanno preso suo fratello. Mentre stavano per ucciderlo, hanno fatto irruzione i nemici del regime e hanno cominciato a sparare. Suo fratello è così riuscito a scappare e hanno deciso di andarsene subito in Giordania, due ore a piedi dalla loro casa, senza poter prendere nulla con sé. Ricorda che è stato difficile, perché è una zona montagnosa, ma i soldati giordani erano lì per aiutare i profughi a fuggire. Ce l’hanno fatta. E si sono detti: «Non fa niente, torniamo tra un paio di settimane». Ma non è mai più successo. La sua famiglia è ancora in Giordania, mentre lei lavora per mandare dei soldi sia a loro che ai parenti rimasti in Siria, dove la vita è estremamente difficile.

Mi ha confessato che si sente totalmente persa, che non sa cosa vuole fare nella vita. Lei era stata accettata per studiare negli Stati Uniti, ma senza documenti non le è stato concesso il visto. Ha chiesto asilo in molti Paesi e infine è stata la Francia ad accettarla. All’inizio era contenta, ma quando è arrivata ha pensato: che ci faccio qua? Si è resa conto delle difficoltà, principalmente non conoscendo la lingua, che era complicata. Ha provato a iscriversi a Psicologia, all’università, ma il suo livello di francese non era sufficiente per permetterle di seguire le lezioni. Perciò adesso studia francese, ma tra poco dovrà smettere. In questo momento la sua richiesta di protezione internazionale è stata accettata e sembra che le concederanno la condizione di rifugiata, ma dovrà recarsi a Parigi fra qualche settimana per ritirare il documento ufficiale.

Poi ha ricevuto anche una borsa di studio. Lei si rende conto di essere una sopravvissuta, una tra le 20 persone siriane che hanno ricevuto una borsa di studio per continuare la loro formazione accademica in Europa. All’inizio non riusciva a crederci, perché ci aveva provato per ben 6 anni, senza risultati. Ormai sono tre anni che non vede la sua famiglia e in Siria non può tornare.

Io l’ho ascoltata senza batter ciglio e ad ogni passaggio avevo gli occhi sempre più spalancati e il cuore mi batteva forte. Come è triste sapere che questa storia continua ancora oggi, che il distacco e la sofferenza sono legalizzate e che non c’è risposta alla guerra! Perché in Siria ci sono molte potenze che si affrontano. Una delle città della costa è adesso passata sotto il dominio della Russia. E ogni gruppo punta solo ai propri interessi. Molti combattenti sono convinti che se uccidono un avversario guadagnano il paradiso. E si va avanti in questa maniera: una lotta costante che dopo 10 anni continua senza sosta.

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