La guerra è sempre un crimine, intervista a Nico Piro

Il conflitto in Ucraina rischia di estendersi pericolosamente a causa della progressiva chiusura della disponibilità alle trattative. Perché è necessario rimettere al centro la ricerca della pace secondo l’inviato di guerra e giornalista della redazione esteri del tg3. Intervista video con Nico Piro
Guerra in Ucraina (AP Photo/Efrem Lukatsky)

Nico Piro si trova a Mosca come giornalista della Rai, redazione steri del Tg3. Ha una lunga esperienza in zone di guerra, in particolare dell’Afghanistan a cui ha dedicato più libri di inchiesta e approfondimento. L’ultimo, “Kabul crocevia del mondo” Edizione People, parte dalla fine della ventennale presenza militare occidentale in quel Paese, ora riconsegnato nelle mani dei Talebani, per capire la menzogna che accompagna in particolare i conflitti contemporanei dove a morire è soprattutto la popolazione civile.

 

Da esperto dei social, Piro non ha timore ad esprimere il proprio punto di vista assieme all’importante servizio professionale che svolge per la Rai.

In questa intervista video che ci ha concesso, si dichiara colpito negativamente dal fatto che «per la prima volta in Italia, a mia memoria, cioè a partire dalla prima guerra del Golfo, esiste una tendenza nel dibattito pubblico a privare di dignità chi cerca di parlare di ricerca della pace e viene trattato, perciò, banalmente come un filoputiniano che giustifica l’aggressione della Russia contro l’Ucraina».

Per tale ragione «bisogna prestare attenzione all’instaurarsi di un pensiero unico bellicista nella dinamica semplicistica da talk show che conta i favorevoli e i contrati alla Russia oppure all’invio di armi in Ucraina senza attenzione alla complessità della situazione e ignorando chi finora ha lavorato costantemente contro la corsa agli armamenti cercando di costruire politiche di pace».

Nico Piro cita la frase di George Orwell secondo il quale, di solito, le voci più forti a favore della guerra provengono di chi non ha mai combattuto una guerra e mai sarà chiamato a farlo. In generale sembra sfuggire il concetto di guerra e anche quello di vittoria.

In questo senso, l’Afghanistan, archiviato troppo in fretta nei media, è l’archetipo delle guerre contemporanee dove si parte con l’idea dell’intervento lampo di pochi mesi per poi dura decenni provocando migliaia di morti, dilapidando quantità mostruose di denaro per poi tornare al punto di partenza con la riconsegna del Paese ai talebani.

Relativamente all’Ucraina la ricerca illusoria della vittoria militare, (quale?) comporta l’idea che sia accettabile un certo numero di vittime civili che sono sempre predominanti nei conflitti moderni.

Inevitabilmente i crimini di guerra sono fisiologici alla guerra perché, ribadisce Piro, essa stessa è un crimine.  Non ci si può illudere che possano esistere guerre senza crimini di guerra, che poi sono difficili da portare davanti ad un tribunale internazionale, come è accaduto in Afghanistan dove gli Usa hanno boicottato l’accertamento delle violazioni.

Per Nico Piro «il clima di continua chiamata alle armi è un pericolo alla libertà di pensiero. Bisogna ridare spazio alla ricerca della pace.  Sono rimasto sorpreso dalle parole di Borrell (alto rappresentante politica estera della Ue) secondo il quale la soluzione del caso ucraina è sul campo di battaglia.  Una preoccupante dichiarazione di sconfitta della diplomazia».

È molto pericoloso insistere nella “politica del muro contro muro” senza creare spazi di trattativa con mediatori che siano credibili. Bisogna puntare subito alla tregua.

Secondo il Pentagono, invece, il conflitto è destinato a protrarsi per mesi e anche più con il rischio di escalation. «Da una scintilla può partire un incendio che sarà sempre più difficile domare»  osserva Nico Piro: «Credo che non ci sia la consapevolezza della reale possibilità dell’ “effetto domino” di questa guerra.  Si sta arrivando sempre di più ad un punto di irreversibilità dei rapporti tra Russia e Usa con conseguenze molto pericolose per il mondo intero. Lo testimonia il fatto che il francese Macron e il tedesco Scholz si siano dissociati dalle accuse di genocidio lanciate da Biden verso Mosca. La guerra non si cura con la guerra come ha dimostrato la lezione afghana. È quanto mai urgente rimettere al centro del dibattito pubblico e dell’azione politica il tema della pace».

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