La guerra sconosciuta nel sud della Thailandia
Della situazione difficile che da anni semina terrore e morte nel sud della Thailandia in Europa si parla poco. In effetti, dal 2004 è in corso un conflitto sanguinoso fra l’esercito di Bangkok e i ribelli musulmani nelle province di Narathiwat, Yala e Pattani, fino al secolo scorso, parte di un sultanato musulmano Malay indipendente. L’annessione alla confinante Thailandia ha provocato la lotta separatista.
La popolazione in queste provincie è, infatti, rimasta marcatamente musulmana, a fronte di una stragrande maggioranza buddhista (85%) che caratterizza il resto del Paese. A causa di questa guerriglia in sei anni più di cinquemila persone sono rimaste uccise in attacchi e omicidi sommari. Nella lunga serie di morti, l’obiettivo più frequente degli islamici malay sono le forze di polizia e gli insegnanti: i musulmani vedono nella scuola statale un tentativo di imporre la cultura buddista e dal 2008 sono stati uccisi 153 docenti.
I vari gruppi fondamentalisti di matrice islamica e separatista sono accusati, fra l’altro, di reclutare nuovi combattenti nelle scuole islamiche, facendo leva sul nazionalismo Malay e sull’orgoglio e il senso di appartenenza al vecchio sultanato. Tutta questa parte della Thailandia vive, quindi, una situazione complessa e dolorosa,che, per anni, sembrava non prospettare una via di uscita.
Nei giorni scorsi il governo di Bangok ha firmato un accordo di pace che, se realizzato e mantenuto, potrebbe avere un significato storico per il Paese. L’atto ufficiale è stato sottoscritto da rappresentanti del governo thailandese e dal leader del Fronte di rivoluzione nazionale (Brn), uno dei gruppi più attivi nella lotta separatista. Le trattative si stavano svolgendo da tempo nella capitale della Malaysia, Kuala Lampur, teatro della firma, dove, fra l’altro, è previsto anche l’incontro annuale fra il premier thai Yingluck Shinawatra e la controparte malaysiana Najib Razak.
La zona della Thailandia che da anni vive in stato di guerra si trova al confine con la Malaysia e, per questo, è, senza dubbio significativo che il Paese, musulmano, abbia svolto un ruolo di intermediario nella trattativa fra i due fronti. E’ probabile che anche in futuro gli incontri di pace fra governo thai e leader separatisti continueranno a svolgersi a Kuala Lampur.
Il documento firmato dalle due parti non assicura ancora l’ottenimento di una pace duratura, ma dà la speranza che si possa avviare davvero un “processo di dialogo”, che, in un futuro non troppo lontano porti ad una convivenza pacifica stabile. Uno dei nodi di difficile soluzione è quello della natura frammentata dei movimenti ribelli e separatisti, che ha creato delle zone di influenza specifiche da parte dei singoli gruppi. Paradorn Pattanatabutr, segretario generale del Consiglio di sicurezza thai, sottolinea che “è un ulteriore tentativo compiuto dal governo, per mettere la parola fine alle rivolte” ma non comporta “una fine immediata del conflitto”. Da parte sua, Hassan Taib, delegato del Brn e firmatario del documento, assicura che “faremo del nostro meglio per risolvere i problemi. Diremo al nostro popolo di collaborare per dirimere le controversie”.