La guerra, l’Europa e lo spirito di Helsinki
Si presta a diverse interpretazioni il dialogo di papa Francesco con il direttore e vicedirettrice del Corriere della Sera, il maggior quotidiano italiano controllato da Umberto Cairo che, con l’istinto editoriale che lo contraddistingue, ha pubblicato assieme alla Lev, un istant book dello stesso papa intitolato “Contro la guerra”.
Basta leggere l’introduzione scritta da Francesco per rendersi conto della pericolosità di una guerra in corso, quella in Ucraina, che può involvere verso il disastro nucleare nel mezzo dell’Europa: «Ci si avvia come se la guerra fosse ineluttabile. Invece dobbiamo ripetere con forza: no, non è ineluttabile!».
Senza questa consapevolezza, e la necessità di fare tutto il possibile per scongiurare la catastrofe, è inconcepibile capire la mancanza di prudenza che alcuni imputano al papa nelle affermazioni riportate da Fontana e Sarzanini.
Quattro teologi sulla rivista Il Regno arrivano ad esporre quello che dovrebbe fare il pontefice per evitare di essere strumentalizzato dalla propaganda ufficiale russa, ma allo stesso tempo gli stessi studiosi ci tengono a ribadire che, per loro, «è fuorviante l’idea che la Russia stia difendendo un legittimo interesse di sicurezza nazionale in Ucraina e che la Nato abbia presumibilmente violato questo interesse con le sue passate espansioni».
Allo stesso tempo il patriarcato di Mosca ha rilasciato una nota ufficiale molto critica verso l’intervista del papa al giornale italiano.
Secondo Gianni Valente, giornalista che ha una lunga frequentazione con Bergoglio, «non conosce tregua il martellamento politico-mediatico sui Palazzi vaticani per farli allineare a parole d’ordine e strategie messe in campo dai poteri d’Occidente sullo scenario dell’ultima guerra europea». La pressione si baserebbe su questa semplice logica: «Se quella che dilania l’Ucraina – come ormai ripetono tutti – è una guerra tra la Russia e l’Occidente a guida nord-atlantica, anche il papa non può credere di farla franca invocando preghiere. Anche lui deve solo far sapere con chiarezza da che parte sta».
Una tendenza ricorrente verso la Santa Sede come osserva Valente che cita un discorso di Pio XII del 1951: «Uomini politici, e talvolta perfino uomini di Chiesa, che intendessero fare della Sposa di Cristo la loro alleata o lo strumento delle loro combinazioni politiche nazionali ed internazionali lederebbero l’essenza stessa della Chiesa».
Nel testo dell’intervista del Corsera al papa, riportata in alcuni passaggi anche da cittanuova.it, emerge la totale fiducia nelle doti diplomatiche del segretario di Stato Pietro Parolin. È interessante, perciò, riascoltare bene la presentazione del testo “Contro la guerra” compiuta il 29 aprile dal cardinale assieme all’ex presidente della Commissione europea Romano Prodi.
Parolin ribadisce che la posizione del papa è quella di un no radicale alla guerra che non può essere ridotta ad un appello di principio e disincarnato, magari considerato profetico per intendere in realtà “utopistico” e non realistico.
Il segretario di Stato vaticano parte dalla radice evangelica della pace e della nonviolenza citando l’episodio di Malco, il servo del sinedrio al quale Pietro tagliò di netto un orecchio ricevendo l’invito di Gesù a riporre l’arma nel fodero, e la morte ingiusta di Cristo per crocifissione accettata senza reazione. Allo stesso tempo Parolin afferma che non si può pretendere di «negare ai governi il diritto di una legittima difesa» citando la vigenza del paragrafo 2308 del catechismo della Chiesa cattolica corredato da tutte quelle esigenti condizioni previste nel successivo paragrafo 2309. Regole che tuttavia sono di difficile applicazione nelle guerre moderne dove le vittime civili sono sempre più predominanti su quelle dei militari, come riconosce Parolin che cita la lettera di don Milani ai cappellani militari assieme all’enciclica Fratelli tutti laddove afferma nel paragrafo 258 che «facilmente si opta per la guerra avanzando ogni tipo di scuse apparentemente umanitarie, difensive o preventive, ricorrendo anche alla manipolazione dell’informazione. Di fatto, negli ultimi decenni tutte le guerre hanno preteso di avere una “giustificazione”».
Il potere distruttivo incontrollabile della guerra conduce a ritenere che «oggi è molto difficile sostenere i criteri razionali maturati in altri secoli per parlare di una possibile “guerra giusta”. Mai più la guerra!».
Il responsabile della diplomazia vaticana afferma che «fa gelare le vene e i polsi» accostarsi alla lucida visione che ci ha consegnato Giorgio La Pira sul baratro della guerra totale in cui si trova l’umanità intera nell’era della bomba nucleare.
L’unica strada è quella di un nuovo sistema di relazioni internazionali basato sull’abbandono della corsa al riarmo. La guerra è l’ovvia conseguenza di quel processo di erosione del multilateralismo avvenuto negli ultimi decenni.
Parolin non è entrato nel merito della fornitura di armi all’Ucraina, ma afferma che si tratta di una risposta debole di fronte alla risposta forte basata su una soluzione negoziata per una futura convivenza.
Il cardinale cita il costituzionalista Gaetano Azzariti che richiama la necessità di tornare allo spirito degli accordi di Helsinki del 1975 che conclusero la Conferenza sulla sicurezza e la cooperazione in Europa tenutasi in piena guerra fredda tra i due blocchi grazie anche al lavoro di Aldo Moro, ministro degli esteri del nostro Paese, all’epoca presidente di turno della Cee.
Ora come allora è chiesto, perciò, all’Europa uno sforzo di creatività e coraggio per intraprendere strade diverse dalla guerra senza fine. E in tal senso Azzariti, assieme ad altri autorevoli costituzionalisti come Luigi Ferrajoli, ha presentato il 5 maggio presso la sede della Fnsi una proposta di azione da parte dell’Italia all’interno della Ue per convocare una conferenza di pace che coinvolga l’Onu, tutti gli stati e le potenze mondiali.
Nel suo intervento alla presentazione del libro del papa “Contro la guerra”, Romano Prodi ha affermato che, davanti all’impotenza dell’Onu e alla mancanza di ogni volontà di dialogo, l’unica soluzione che resta per fermare lo scempio in atto in Ucraina resta quella di una trattativa che veda coinvolti i due attori principali della contesa globale e cioè gli Stati Uniti e la Cina che hanno le leve per incidere sulle strategie del blocco atlantico e di quello russo.
Quanto all’Europa, l’ex presidente della Commissione europea ha affermato che la separazione della Gran Bretagna è stata dolorosa ma ha permesso che si realizzasse la solidarietà tra i Paesi Ue di fronte alla pandemia. Una tensione unitaria che potrebbe incrinarsi davanti ai programmi di riarmo dei singoli stati senza la condivisione di una politica estera e di difesa comune. In questo senso è preoccupante, nonostante la piena democraticità di Berlino, la scelta della Germania di procedere all’aumento della spesa militare di 100 miliardi di euro con possibili effetti emulativi da parte della Francia che vanta il primato Ue delle forze armate, detiene l’arma nucleare e siede al consiglio di sicurezza dell’Onu.
Secondo Prodi il riarmo autonomo di un Paese crea «forzatamente un rapporto tra industria, governo e politica» che rende più difficile quel lavoro comune possibile per un’Europa in grado di agire come soggetto conciliatore davanti allo scontro mondiale in atto.
Scenari e proposte che vengono formulate mentre la guerra non si ferma e cresce il timore per un’estensione del conflitto con effetti anche sulla stabilità del governo italiano di forzata larga maggioranza. Tanto da far circolare voci sull’anticipo della manovra finanziaria e addirittura l’anticipo delle elezioni politiche alla ricerca di una maggioranza più coesa per decisioni rapide e necessarie in tempi difficili.
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