La guerra infinita
Centinaia di morti, migliaia di feriti e centinaia di migliaia di sfollati hanno segnato il triste bilancio dei primi quindici giorni del conflitto che si estende da Gaza al Libano, del quale le prime vittime sono rappresentate dalla popolazione civile e segnatamente dai bambini, i più esposti e indifesi. Il mondo intero si sta occupando da sempre di questo lembo di terra: una pietraia carica di storia come nessun altro angolo del pianeta; ma è intervenuto ogni volta spinto da interessi divergenti, e frenato da veti incrociati che finora non hanno prodotto soluzioni efficaci per avviare una convivenza pacifica nella regione. Eppure, non fu sempre così. Sappiamo che per secoli la diaspora ebraica visse in mezzo al mondo islamico con minori difficoltà di quante non ne incontrasse fra i cristiani. La stessa Shoà fu compiuta da popoli europei. È a questa radice profonda, più che agli ultimi episodi di provocazioni che hanno scatenato la forte reazione d’Israele, che bisogna andare per portare, ciascuno secondo le proprie possibilità, un contributo alla pacificazione. La diplomazia internazionale si è attivata. A San Pietroburgo il G8 ha sovvertito l’ordine della propria agenda dei lavori, ma non ha sortito grandi risultati. L’Onu, già presente sul posto con osservatori, ha attivato i propri canali, e si tiene pronta per interventi concreti. L’Unione europea sembra finalmente convinta di avere un ruolo nella regione. Non ultima l’Italia che ha ospitato il summit dai Paesi più impegnati per dirimere la contesa. Anche la diplomazia vaticana svolge da sempre un ruolo costruttivo per riportare la pace nella terra che ha visto l’alba della fede cristiana. L’appello del papa è stato esplicito e circostanziato. Indicendo il 23 luglio una speciale giornata di penitenza e di preghiera, Benedetto XVI ha invitato i pastori e i fedeli di tutte le Chiese, come tutti i credenti del mondo, ad implorare da Dio il dono prezioso della pace. In particolare ha chiesto che cessi immediatamente il fuoco fra le parti, che si aprano subito corridoi umanitari per poter portare aiuto alle popolazioni; e si inizino negoziati ragionevoli e responsabili per porre fine alle oggettive situazioni di ingiustizia esistenti in quella regione. In realtà – ha sottolineato il papa – i libanesi hanno diritto di vedere rispettata l’integrità e la sovranità del loro Paese, gli israeliani hanno diritto a vivere in pace nel loro Stato ed i palestinesi ad avere una loro patria libera e sovrana. Un segnale importante è venuto dalla grande giornata di preghiera. In tutte le Chiese della cristianità si è levata l’invocazione a Dio per la pace nella giustizia. Le organizzazioni non governative hanno intensificato i loro interventi. I corridoi aperti per fare affluire aiuti alle popolazioni vengono già percorsi. Mentre andiamo in macchina si stanno vivendo momenti carichi di comprensibile tensione e di grandi speranze. Nelle chiese e nei cuori degli uomini di buona volontà non si è smesso di pregare.