La guerra è madre dell’ingiustizia

Musulmani e cristiani accomunati dal ripudio della violenza e dalla paura per le conseguenze della brutalità assassina di alcuni fanatici. L’appello del dott. Youssef Sbai, presidente della comunità islamica di Carrara. L’evento della prima partita interreligiosa a Roma. I commenti a senso unico dei media
Isis

Nelle ultime settimane ho avuto modo di incontrare di persona diversi musulmani, in Italia e all’estero, spesso impegnati a livello accademico o con incarichi ufficiali all’interno delle proprie comunità. Alcuni di loro sono, invece, gente comune, senza cariche e titoli che li distinguano in modo significativo. Sono stati per me momenti importanti per scoprire cosa significhi per un fedele dell’Islam vivere in questi momenti della storia, dove attraverso i media milioni di credenti di una religione monoteista vengono, di fatto, identificati con la brutalità assassina di alcuni estremisti che, sebbene disposti a tutto e in crescita numerica costante, non possono certo riassumere la totalità di loro correligionari.

Ho trovato in questi musulmani la stessa paura che cristiani e occidentali, in genere, nutrono in questo momento storico. Le prospettive sono, senza dubbio, diverse ma il sentimento umano è analogo: la paura. Soprattutto tra coloro che vivono fra noi in occidente – in Europa sono ormai più di quindici milioni –, c’è il timore che essere identificati con l’estremismo islamico porti a ondate di islamofobia e, comunque, che offra un’idea completamente distorta del credo e pratica coranica.

Abbiamo già fatto menzione sulle nostre pagine online di quanto alcuni esponenti musulmani hanno avuto modo di dichiarare nelle ultime settimane a fronte della proclamazione del califfato e della violenza che ha instaurato. In tal senso mi sembra opportuno ricordare che l’UCOII (Unione delle Comunità Islamiche d’Italia) ha pubblicato già in agosto un ‘Appello contro tutte le guerre’, che afferma come “il rispetto e la protezione della Gente del Libro (i cristiani e gli ebrei) e, in generale di tutte le popolazioni che vivono in un Paese o territorio governato dai musulmani é un dovere ineludibile di qualunque potere che si richiami all’Islam”.

Il documento, inoltre, evidenzia come non solo i cristiani e le minoranze etniche e religiose siano vittime della violenza e persecuzione del califfato. “Sedici Ulema (dotti di scienze religiose) musulmani sunniti, che appartengono a confraternite sufi di Mosul, lo scorso mese sono stati uccisi da quei criminali per aver difeso i cristiani della città. Tra loro ci sono gli imam della Grande moschea della città, Muhammad al-Mansuri, e quello della moschea del Profeta Giona (as), Abdel-Salam Muhamma”.

La violenza, dunque, si scaglia contro tutti e non solo contro alcune comunità, anche se, certamente, chi non è musulmano è costretto a fuggire o a convertirsi a rischio della vita. Un’amica che vive in un Paese limitrofo mi raccontava in questi giorni storie drammatiche di cristiani che hanno perso tutto e si sono riversati in altre zone dell’Iraq o oltre i confini della loro patria. “Ho veramente paura – mi diceva – anche se è difficile capire cosa e chi ci sia dietro questa ondata di violenza islamista”.

Qui mi pare ci sia una coscienza comune, tra coloro che vivono in questi Paesi, di un piano promosso e controllato da qualcuno oltre i confini dell’Iraq. Oggi è difficile riuscire a leggere con chiarezza cosa sta dietro le righe degli accadimenti che vediamo ogni giorno sui media.

Senza dubbio anche i musulmani moderati e fedeli comuni si rendono conto che ciò che sta accadendo è fuori della loro portata e potrebbe avere conseguenze tragiche anche per loro. “La guerra, – afferma ancora il comunicato dell’UCOII -, che è la madre di tutta l’ingiustizia e la sua figlia al contempo, deve cessare ovunque e smettere di produrre i suoi effetti satanici sulle creature di Dio, in Irak come in Siria, in Palestina, in Nigeria come in Afghanistan, in Siria e in Centro Africa”.

Di qui l’invito a tutti i “musulmani e le musulmane a testimoniare un forte impegno di pace e fratellanza con tutti i credenti perseguitati, con iniziative pubbliche e solidali”.

A fronte di questa comunicazione ufficiale da parte dell’UCOII, a cui gli organi di stampa non hanno praticamente dato voce, ha suscitato senza dubbio qualche interesse la Prima Partita Interreligiosa svoltasi la settimana scorsa a Roma, se non altro per la partecipazione di stelle del calcio mondiale di ieri e di oggi (Maradona, Baggio e Zanetti su tutti). Il dott. Youssef Sbai, presidente della comunità islamica di Carrara, ha partecipato all’evento, dopo aver salutato, fra l’altro papa Francesco. L’esponente musulmano ha tenuto a sottolineare che “come musulmani siamo invitati a partecipare a tutte le iniziative propositive che si compiono per promuovere il bene (chiunque lo promuova) e rinnegare il male (chiunque lo compia)”.

La partita dell’Olimpico “è stato un momento gioioso di solidarietà concreta, poiché tutti i ricavati dell’evento sono stati devoluti per implementare progetti giovanili importanti a due organizzazioni umanitarie che lavorano in Sud America”. Sbai ha anche rivelato di aver stabilito contatti con alcuni dei giocatori per la promozione di attività che contribuiscano all’integrazione e alla costruzione di rapporti distesi.

“Oltre a ricoprire la carica di vice presidente dell’UCOII, sono anche il presidente della Comunità Islamica di Carrara. In mezzo alle varie celebrità ho trovato un mio compaesano di Carrara, Gianluigi Buffon, che dopo esserci presentati si è mostrato molto entusiasta di poter sfruttare questo fatto per continuare quel percorso iniziato durante l’evento per portare sostegno concreto a chi soffre nel mondo. Il buon intento c’è, speriamo di poter riuscire ad attivarci presto pianificando attività con lui ed altri”.

Un ulteriore elemento largamente riconosciuto da persone di diverse fedi e culture è l’impegno di papa Francesco per un dialogo serio e costruttivo fra cristiani e musulmani. Lo stesso Imam Sbai ha dichiarato che, in occasione della partita giocata a Roma, papa Bergoglio ha incontrato i diversi gruppi. “Ho avuto modo di apprezzare la sua persona umile e sincera che si batte per valori importanti che ci accomunano come fedi. Ho avuto modo di comunicargli i saluti della nostra comunità, più in specifico delle organizzazioni che rappresentiamo, ringraziandolo dell’evento e di ciò che sta facendo di buono per chi soffre nel mondo. Ricordo solo un piccolo inchino che mi ha rivolto dopo averlo ringraziato, che mi ha messo un pochino in imbarazzo”.

A fronte di questi incontri ed avvenimenti, che offrono una chiave positiva di quanto sta accadendo, perché il silenzio dei media? Anche questo è parte di un disegno globale di violenza che ci sfugge e che ci distrugge la speranza?

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