La guerra di Phil Stern

Ad Acireale, nei saloni della settecentesca Galleria del credito siciliano, una straordinaria rassegna svela il lato meno conosciuto del "fotografo dei divi". Scatti che raccontano una terra conosciuta al seguito dell'esercito americano e colta con straordinaria profondità
Phil Stern. Sicily 1943. Acireale

È stato il fotografo dei divi di Hollywood, da Marylin Monroe a Frank Sinatra a James Dean. Ma è stato anche un cameramen di guerra che ha filmato dolore, disperazione, sgomento nei giorni dell’Operazione Husky in Sicilia nel 1943. Una rassegna straordinaria nella città siciliana vede decine di foto, piccole e grandi, note e ignote, esposte con cura nei saloni imbiancati della settecentesca Galleria del credito siciliano, nella scenografica piazza Duomo.

Stern, che oggi ha 93 anni, è venuto personalmente ad inaugurare la mostra, che chiuderà l’8 settembre e verrà spostata a Milano. Stern non è un fotografo di divi soltanto, è un poeta drammatico. È sconcertante e sconvolgente il diario dove egli, in prima persona, si mostra sulla spiaggia di Gela, fra le vie di Comiso o di Licata, in mezzo a gente sfatta, poverissima: volti di uomini abbronzati e rugosi, di donne in nero, di ragazzini vivaci e innocenti – l’innocenza vince anche sulla guerra e la distruzione –, accanto a cadaveri carbonizzati di tedeschi, a prigionieri italiani stanchi, a rottaglie di strumenti di guerra abbandonati fra la sabbia.

Stern coglie sia la vita che viene distrutta – muri sbrecciati, case dilaniate – sia quella che ferve, quando i soldati americani “biondi” entrano vittoriosi a Palermo tra ali di folla incredula o festosa, smarrita o eccitata dalla diversità delle fisionomie, dei volti, degli sguardi.

Ma tutto il dramma che le foto esprimono è compensato dal sentimento lirico, di poetica tenerezza, di indulgenza per la vita, con cui Stern fotografa i bambini e i ragazzini sopratutto, e pure l’uomo sul carretto trainato da un asino che si ferma ad offrire ai soldati impolverati pane e vino.

Scena mirabile, di sapore arcaico, mediterraneo e direi sacro: quel pane e quel vino sono segni di un animo aperto all’ospitalità secondo una tradizione millenaria, che è quella in definitiva dell’accoglienza fra loro degli esseri umani. In questo gesto si coglie l’inutilità del conflitto e la superiorità dell’amore che la gente semplice e povera è capace di dare.

L’occhio curioso dell’americano Stern, nuovo per una terra che non conosceva – e che ha continuato ad amare alla follia per decenni – sa sollevarsi in queste foto dalla documentazione fredda all’affetto. Non è davvero poco per uno che diventerà un fotografo alla moda. Ma che qui rivela di avere ancora un cuore che guarda oltre la tragedia.

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