La “guerra delle sagre”
In Friuli, dici estate e dici sagra: non c’è cittadina né paesello che non abbia la sua, piccola o grande che sia. Perché in Friuli le sagre sono ben più che feste paesane, magari dal sapore un po’ antiquato: sono vera e propria parte integrante della vita sociale, punto di ritrovo per amici che magari non si vedono da tempo, e collante del tessuto cittadino – basti pensare che in alcune località la maggior parte dei residenti opera come volontario. Insomma, togli le sagre ai friulani e al Friuli, e togli un tassello fondamentale del mosaico socioculturale della Regione – intesa come Friuli Venezia Giulia nel suo complesso, per quanto nel Friuli propriamente detto la questione sia forse ancora più sentita.
Per questo ha suscitato una vera e propria levata di scudi il decreto emanato dal capo della Polizia Franco Gabrielli in seguito ai fatti di Torino e agli episodi di terrorismo accaduti in Europa, imponendo vincoli di sicurezza che le Pro Loco – a cui nella maggior parte dei casi fa capo l’organizzazione di queste sagre – non riescono a far fronte.
Non era bastato infatti l’aggravio delle procedure burocratiche sancito ad inizio anno, che pone in capo ai volontari – oltre 20 mila in regione – delle responsabilità sia penali che civili, a fronte alle quali erano stati addirittura invocati prodotti assicurativi ad hoc per tutelarli; ma si è aggiunta la necessità di provvedere ad un aumento degli addetti alla vigilanza, “panettoni” di cemento o simili per bloccare i veicoli, varchi controllati per l’ingresso e l’uscita dalle aree festeggiamenti, blocchi del traffico, e misure analoghe. Misure per le quali c’è spesso bisogno di una competenza specifica, rendendo così necessario affidarsi a dei professionisti: gli “Asc” (addetti ai servizi di controllo), ha affermato il socio dell’agenzia investigativa Airos Luca De Zanchi in un’intervista al Messaggero Veneto, costano fino a 180 euro al giorno; dichiarando che l’agenzia in questione ha quest’anno triplicato il numero degli addetti movimentati. E se per grandi eventi che attirano decine o finanche centinaia di migliaia di persone – come il Palio di San Donato a Cividale, Friulidoc a Udine, Gusti di Frontiera a Gorizia, o la rievocazione storica a Palmanova – può essere pensabile fare affidamento su forze dell’ordine, metal detector e simili anche grazie al sostegno (sia logistico che finanziario) delle istituzioni locali, per le sagre di paese è tutta un’altra storia. E qualche evento è stato addirittura cancellato.
E così è partita quella che è stata definita “la rivolta delle Pro Loco”, sostenuta anche dall’Anci regionale. Il consigliere regionale per l’Unione Nazionale Pro Loco, Antonio Tesolin, ha affermato al Messaggero Veneto di ritenere che «alle Pro loco e agli altri comitati organizzatori di eventi spetti quello che è stato fatto fino a oggi, e cioè garantire una vigilanza generale in base alla normativa in vigore. Un lavoro che viene svolto normalmente dalla polizia municipale insieme alle altre forze dell’ordine, magari con il supporto di associazioni di volontariato come gli ex carabinieri in congedo. Se c’è un problema di allerta sicurezza dopo i ripetuti fatti di terrorismo e dopo quanto accaduto a Torino, ebbene la competenza nel garantire l’incolumità di tutti dev’essere dello Stato e dei suoi organi di Polizia. La responsabilità non può ricadere sugli organizzatori che non hanno competenza in materia. Non possono essere i volontari a vigilare sugli accessi alle aree delle manifestazioni o a essere costretti a prevedere eventuali tornelli». Tesolin aveva altresì auspicato un distinguo tra le grandi manifestazioni e i piccoli eventi, data la notevole differenza in termini di persone e operatori coinvolti e conseguenti esigenze di sicurezza.
Un distinguo che in effetti è arrivato a fine luglio con una circolare dei Vigili del fuoco, che interpreta in decreto in questione affermando che le misure di sicurezza indicate non possono prescindere da una valutazione caso per caso di quali siano effettivamente opportune e necessarie, senza pretesa di applicarle in maniera uniforme. Tuttavia un aggravio rispetto alla situazione precedente rimane, e Pro Loco ed altre associazioni non sono ancora del tutto tranquille. Se non altro, non manca l’inventiva: c’è chi, come nella frazione udinese di Godia, ha provveduto – in mancanza di panettoni di cemento e di fondi per acquistarli – ad impedire l’accesso ai mezzi motorizzati all’area dei festeggiamenti bloccando la strada con dei trattori. Qualcosa che certo non manca nelle aree rurali del Friuli, consentendo una soluzione a costo pressoché zero.