La guerra è accanto

Riflessioni dall’Ungheria. Ogni conflitto armato si assomiglia nella sua tragicità, l’unica soluzione è l’amore
La guerra è accanto

«Erano tempi di guerra e tutto crollava…». Inizia così il racconto della storia del Movimento dei Focolari. In Ungheria la guerra è accanto. Le svariate modalità di comunicazione ci trasmettono in tempo reale i volti, la disperazione, le lacrime degli innocenti provocate da un conflitto documentato, come mai avvenuto nella storia. Si alza il grido straziante delle madri: “Perché?”.

I politologi abbozzano risposte, si lanciano in previsioni e puntano il dito su questo o quel Caino, mentre la gente muore di fame, di freddo, di paura… e di bombe.

Ogni guerra scompiglia le coordinate della vita civile e abitudini sedimentate nel tempo e le più innocenti comunicazioni tra parenti possono essere un indizio per chi vuole stanare il “nemico”. Le bombe mettono il punto di fine a sogni, progetti, affetti… a ciò che era stato costruito nei secoli. Vanifica tutte le istituzioni sorte a difesa di animali, ambiente e, dramma su dramma, le morti prendono un valore statistico.

Monumenti e lapidi ricorderanno i caduti in guerra e, girata la pagina del potere e della gloria, nuove narrazioni ridimensioneranno le tragedie e tutto farà parte del passato.

Le guerre si somigliano tutte, hanno le stesse dinamiche, come nelle fiabe: bene e male si combattono e la menzogna sfacciata si camuffa di abilità strategica.

La menzogna, elemento integrante di ogni conflitto, stride fortemente con chi parla di pace e rischia la vita per andare in aiuto di chi soffre, senza guardare il colore della sua bandiera. Sembra di tornare in altri tempi, quelli bui e che pensavamo ormai messi a tacere.

Nelle devastazioni della Seconda guerra mondiale, Chiara Lubich ebbe prova di dove si possa spingere la volontà di potere e, assieme alle prime compagne, trovò in Gesù colui che, conoscendo bene l’uomo, sapeva come indirizzarlo per non farlo scivolare nel dirupo che porta alla guerra. Furono le parole di Gesù la breccia per imparare a costruire la pace. Questo spiega la grande espansione del Movimento perché la ricerca della verità, viva in ogni uomo ha il suo principio nella carità.

Benedetto XVI, nella lettera enciclica Caritas in Veritate, scrive che «la verità va cercata, trovata ed espressa nell’“economia” della carità, ma la carità a sua volta va compresa, avvalorata e praticata nella luce della verità». (§ 2)

Albert Schweitzer, pastore e medico missionario tedesco, già un secolo fa riteneva che la degenerazione della società fosse dovuta al fatto che il progresso materiale non era cresciuto di pari passo col progresso morale e si prodigò a testimoniare con la sua stessa vita che il bene che ogni uomo compie lo mette in armonia con tutto l’universo.

La guerra in Ucraina ha scatenato in me molte domande, soprattutto vedendo che la guerra esiste nelle famiglie, nei gruppi di lavoro, nelle stesse comunità con scopi filantropici. Ciascuno di noi ha idee diverse sul bene e sul male e basta una nuova trovata giornalistica per alimentare nuovi sospetti e innescare mine anche dove si proclama la pace.

Papa Francesco suggerendo per la Quaresima atti concreti di amore verso il prossimo, ci aiuta a capire che la pace nasce nello stesso luogo dove nasce la guerra.

Ci hanno creduto santi e mistici che hanno saputo trapiantare nel cuore degli altri la pace trovata nel colloquio con Dio.

Madre Teresa di Calcutta che ha vissuto con gli emarginati, diceva: «Se non troviamo pace, è perché abbiamo dimenticato che apparteniamo gli uni agli altri». L’appartenenza, la prossimità – direbbe papa Francesco – è il vestito del cristiano. Sarebbero cristiane le terre dove si sono nutriti e sviluppati i conflitti che oggi spaventano molte nazioni?

Martin Luther King affermava che «l’uomo deve elaborare per ogni conflitto umano un metodo che rifiuti la vendetta, l’aggressione, la rappresaglia. Il fondamento di un tale metodo è l’amore».

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