La grande famiglia di Città Nuova
Fra pochi mesi, e cioè nel 2006, Città nuova compirà 50 anni. Non mancheranno occasioni, da qui al luglio prossimo, quando ricorrerà l’anniversario, per dedicare all’evento la dovuta attenzione. Né vorrei anticipare i propositi che stanno maturando in redazione per festeggiare queste nozze d’oro fra la rivista e i suoi lettori e sottolineare il significato di questo sodalizio. Ne parlo oggi perché si è tenuto, proprio in quest’ultimo fine settimana, un incontro fra tutti noi della redazione e quel folto gruppo di amici e sostenitori di Città nuova, non solo collaboratori e corrispondenti, ma anche rappresentanti delle comunità locali del Movimento dei focolari che costituiscono il primo tramite fra chi scrive e chi legge la rivista. È un incontro di famiglia che si rinnova ogni anno, dove, proprio come in una famiglia, l’interesse che spinge a incontrarsi è anche, e direi soprattutto, personale, per quel qualcosa di vivo che la rivista porta dentro e cioè non solamente notizie, ma l’anima di chi scrive e l’eco di chi legge; e gli ideali del movimento che rappresenta, nonché la vita che ne scaturisce. Non era nata forse, Città nuova, per mantenere i contatti fra chi avendo sperimentato con intensità proprio questa vita, non voleva tagliare i ponti con quanti l’avevano condivisa? Città nuova ha cercato di restare questo tramite, pur essendosi dilatato enormemente in questi anni il suo orizzonte di osservazione. Cinquant’anni non sono pochi, tuttavia è ancora possibile fare assegnamento sulla memoria di chi la rivista l’ha vista nascere. Si sono così potute raccogliere, decennio dopo decennio, testimonianze di chi quelle tappe aveva vissuto. E si sono ricordate le figure dei padri fondatori, di quei giornalisti cioè, da Igino Giordani a Spartaco Lucarini, da Gino Lubich a Piero Pasolini, fino a Guglielmo Boselli, che per Città nuova hanno speso le loro energie migliori, veri maestri di giornalismo e di vita per quanti ancora vi lavoriamo. L’approvazione è stata unanime. Ma non voglio qui ripercorrere quella storia, né ricordarne gli sviluppi. Vorrei invece rimarcare quanto ogni volta, e questa volta più che mai, sia venuto forte in evidenza che siamo ancora una famiglia e che Città nuova, pur non essendo più, dopo tanti anni, il solo tramite di collegamento fra i suoi membri, è sentita da essi fortemente come tale. Arrivano dunque puntuali, a questo appuntamento, alcune centinaia di persone da tutta Italia a testimoniare il radicamento della rivista nelle comunità locali, quelle che ci forniscono la materia prima della vita che Città nuova documenta. Arrivano non solo per ascoltare, ma per offrire anche un contributo di critiche e suggerimenti e per condividere, nel dialogo che si produce, le linee di un cammino che insieme ci troveremo a percorrere. A loro sono state presentate proposte concrete, che Chiara Lubich ha approvato, suscitando interesse e apprezzamenti. Avviando così una più stretta collaborazione con tutti, a garanzia del buon esito di queste iniziative. Si parla di contenuti e si individuano pure strategie nuove per la diffusione della rivista, perché Città nuova è anche un tramite per nulla secondario per testimoniare la vita che l’ideale dell’unità genera e che connota il Movimento dei focolari; ma anche quella cultura nuova, basata sul Vangelo, che ne deriva. Cose note, in parte, ma non scontate, e forse riscoperte con un’efficacia che ha sorpreso molti, tanto che forte è stata la richiesta di ripetere in qualche modo questa esperienza di condivisione nelle varie città di provenienza degli intervenuti, magari trattando insieme a loro temi concreti di interesse comune.Vengono proposti incontri-convegno regionali per fare conoscere la nostra cultura e la nostra vita; e presentare la rivista, coinvolgendo sempre di più i collaboratori locali. L’invito a essere una famiglia, arrivatoci da Chiara con una sua foto, ha suggellato l’incontro concludendolo nella gioia.