La gloria dei Farnese
Torna, dopo la dispersione del Settecento, una parte della collezione di dipinti e statue: 150 fra marmi, tele e disegni.
Monumentale, come lo disegnò Michelangelo per Paolo III, il papa capostipite dei Farnese. Ma sobrio: la grandezza vera non si esibisce mai troppo. All’interno, i cardinali nipoti, Alessandro Ranuccio ed Odoardo, hanno celebrato in pittura i “fasti” familiari, nella sala che dà sulla piazza: dal 1936 è lo studio dell’ambasciatore di Francia. Torna, dopo la dispersione del Settecento, una parte della collezione di dipinti e statue: 150 fra marmi, tele e disegni. Mancano i “colossi”, rimasti a Napoli: l’Ercole, che ispirò il Buonarroti, e il Toro Farnese, gruppo scolpito in un solo blocco. Ci sono i ritratti dei Farnese, le statue di imperatori e divinità, arazzi, maioliche e disegni.
Danno una idea di cosa dovesse essere il palazzo: una reggia familiare e papale. Di esaltazione della propria gloria, attingendo al mito. La galleria, affrescata nel 1601 dai Carracci, bisognosa di restauro (foto), canta gli amori degli dei con una gioia terrestre. Il mito assicurava l’eternità della casata. Paolo III ci accoglie all’ingresso, ritratto da Tiziano. Gli occhi aguzzi perforano l’incauto visitatore del duemila.
Palazzo Farnese. Dal Rinascimento all’Ambasciata di Francia. Roma, fino al 27/4 (cat. Giunti).