La Giselle africana di Dada Masilo
Operazione ormai frequente quella di rivisitare, con adattamenti più o meno fedeli, o creare nuove versioni e diversioni, le grandi opere del repertorio classico, rileggendo oggi e scavando dentro le eterne tematiche riguardanti l’incontro tra sessi, tra culture, tra estrazioni sociali. A ritagliarsi un ruolo importante nella danza degli anni recenti è Dada Masilo. Artista sudafricana, culturalmente lontana dal mondo della tradizione ballettistica occidentale, ma affascinata da essa, la 32enne coreografa e danzatrice di Johannesburg non teme di “profanare” i grandi classici del repertorio romantico, con una vitalità gioiosa e sanguigna, spesso irriverente. Lo ha fatto in tre anni di seguito, con “Swan lake”, “Carmen”, passando da “Romeo and Juliet”. Ora rilegge, a suo modo, un altro titolo emblematico: “Giselle”.
Non più tutù bianco, scarpette a punta, eleganti arabesque, piroette, atmosfere incantate, ma piedi scalzi, costumi poveri, movimenti frenetici, gesti tribali, ambientazione rurale. Se immutata è l’essenza della narrazione originale, con il plot della contadinella morta di crepacuore per amore del fedifrago duca Albrecht e risorta nel lunare mondo extraterrestre delle Villi, a modificare la vicenda è, oltre all’ambientazione e allo stile tutto personale della Masilo, soprattutto il finale. Uno stravolgimento della storia che nasce dalla domanda postasi su che cosa accadrebbe se Giselle non perdonasse Albrecht. Un modo, questo, per indagare le fiabe riconducendole alle realtà del nostro tempo in cui predomina la vendetta. E quello di cui preme parlare la coreografa è la violenza subita da chi, donna o uomo, viene lasciato e soffre per amore, da chi viene tradito o abbandonato dal proprio amato.
Siamo in un villaggio africano di fine ‘800 (nei disegni proiettati dell’artista visivo William Kentridge), una sorta di fattoria dello zio Tom, con contadini intenti nelle loro faccende quotidiane, gente spensierata, gioiosa, infine partecipe del dramma della contadinella che si innamorerà dell’uomo sbagliato, un nobile già promesso sposo a una del suo rango. Si consuma una tragedia scomposta anche con l’enfasi di un giovane della tribù, Hilarion, innamorato mal riposto della fanciulla, che ingaggerà una lotta col rivale rivelatosi un aristocratico dopo l’inganno di essersi travestito da paesano e fatto invaghire Giselle.
Un po’ troppo manierata per uno stile subito riconducibile a un dejà vu di sequenze danzate, risulta la prima parte pur fluida di danze dal sapore afro accompagnate da canti e del breve parlato, di energia festosa e percussiva, con momenti di assoli veloci con in testa la stessa Masilo, ribelle e appassionata. A imporsi è il secondo atto con la comparsa delle Villi. È con gli spiriti notturni delle fanciulle morte infelici prima delle nozze, che la coreografia diventa potente, il segno originale, il senso sconvolgente. Ma esse non sono più le soavi e patetiche creature della tradizione. Vestite di rosso porpora le Villi di Masilo sono uomini e donne, tutti possibili traditi e infelici, che avanzano sicuri nella loro determinatezza a vendicarsi dei torti subiti. Capeggiate dalla regina Myrtha, che in realtà è uno sciamano con in mano una frusta a coda di cavallo – altro che rametti di vischio della saga romantica! – che cederà a Giselle, danzeranno con gesti e passi di matrice africana ma fusi in un originale vocabolario contemporaneo capace di creare una forte tensione fisica ed emotiva.
Al climax generale e al crescente dramma contribuiscono in maniera determinante le suggestive note elettroniche e percussive del conterraneo Philip Miller, nella cui musica emergono, sottotraccia, le note melodiche, il punteggio orchestrale della partitura originale di Adolphe-Charles Adam. Sarà la stessa Giselle a imprimere la definitiva pena al traditore accasciato a terra, frustandolo, quindi passando sul suo corpo, e allontanandosi con le altre Villi. La visione di Masilo è di dolore, di rabbia e di vendetta. Un sacrificio iniziatico senza perdono. Privo di pietà. Un riscatto altrettanto violento contro tutte le violenze sulle donne.
Al Romaeuropa Festival, al Teatro Comunale di Ferrara, e al Teatro Ariosto di Reggio Emilia l’8 ottobre.