La giornata di preghiera e digiuno per la pandemia
Il 14 maggio una giornata di preghiera annunciata da papa Francesco al termine della benedizione Urbi et Orbi del 4 maggio scorso. «E poiché la preghiera è un valore universale, ho accolto la proposta dell’Alto comitato per la Fratellanza umana affinché il prossimo 14 maggio i credenti di tutte le religioni si uniscano spiritualmente in una giornata di preghiera e digiuno e opere di carità, per implorare Dio di aiutare l’umanità a superare la pandemia di coronavirus. Ricordatevi: il 14 maggio, tutti i credenti insieme, credenti di diverse tradizioni, per pregare, digiunare e fare opere di carità».
Dunque, giovedì tutti i credenti del globo – e tutti gli uomini e le donne di buona volontà – sono chiamati al digiuno, alla preghiera e ad atti concreti perché Dio, il Padre, l’Assoluto, il Misericordioso ci aiuti in questo momento di tragedia universale a causa della pandemia. Papa Francesco non ha preso l’iniziativa di indire questa giornata di preghiera, ma ha accolto l’invito dell’Alto comitato per la Fratellanza umana costituitosi, anche per suo volere, dopo la firma dello storico Documento di Abu Dhabi nel febbraio del 2019. Ancora una volta Bergoglio è il papa di una prima volta. Giovanni Paolo II era stato il coraggioso ispiratore della Giornata di Assisi, un momento di preghiera e digiuno per la pace mondiale e lo aveva ripetuto in altre due occasioni, prima che Benedetto XVI riprendesse la stessa iniziativa un quarto di secolo più tardi. Questa volta non siamo invitati a pregare per la pace, ma perché l’umanità possa trovare la forza di affrontare questa tragedia globale che sta vivendo.
Le religioni tornano protagoniste non solo di pace, ma anche di aiuto all’uomo e alla donna di oggi, come singoli e comunità. Già in questi mesi molti leaders religiosi hanno espresso preghiere, documenti, inviti ai loro fedeli per ottenere l’aiuto dell’Onnipotente di fronte ad una tragedia dell’intera famiglia umana. Ma, forse, solo papa Francesco, in questo momento, ha l’autorità morale di invitare tutti ad una giornata di questo tipo. Questa volta non ci sarà, come nel marzo scorso, un papa che risale piazza S. Pietro deserta, sotto la pioggia. In quell’occasione Bergoglio aveva invitato tutti i cristiani a pregare insieme. Giovedì, non ci sarà nessuna manifestazione ufficiale pubblica. L’invito è a tutti gli uomini e le donne della terra di rivolgersi a Dio, secondo le rispettive tradizioni e con i nomi ed appellativi, che ciascuno è solito dare al Divino. Ma lo faremo in spirito di comunione e fratellanza universale, come figli e figlie dello stesso Padre.
In tutto il mondo si stanno moltiplicando le iniziative più diverse. Mentre scrivo questo pezzo, ho ricevuto un whatsapp con la locandina di un gruppo di giovani italiani che invitano a unirsi alla loro iniziativa su una piattaforma web. Nel Nord Italia, associazioni, movimenti ed anche parroci, vescovi, imams e rabbini vivranno momenti di silenzio e condivisione in rete. Dalla Turchia ho saputo di amici che stanno diffondendo diverse iniziative, come pure negli Usa e in Argentina. In tutta l’Asia, ovviamente, leaders delle diverse religioni hanno convocato momenti di silenzio e lettura delle Sacre Scritture delle rispettive tradizioni religiose. È anche questa una svolta per l’umanità, che si realizza, fra l’altro, durante il sacro mese di Ramadam quando milioni di musulmani stanno digiunando. E – come afferma Maria Voce, Presidente del Movimento dei Focolari – l’occasione per diventare ancora più coscienti che «l’attuale pandemia ha segnato un punto di non ritorno: ci salviamo solo guardando al bene comune, non al bene dell’uno o dell’altro, non agli interessi di una parte o dell’altra ma al bene di tutti». Preghiera, digiuno e opere di carità. «Sono le uniche armi vincenti in un momento di grande sofferenza per l’intera umanità. E sono armi che fanno parte degli arsenali spirituali di tutte le religioni» ha spiegato in una intervista a Vatican Insider il cardinale Miguel Ángel Ayuso Guixot, presidente del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso.
Maria Voce, facendosi interprete dello spirito di unità e fratellanza che distingue il carisma di Chiara Lubich, si è detta certa che «le preghiere che saliranno a Dio dai suoi figli e figlie saranno ascoltate per il bene della grande famiglia che è l’umanità e che la prova che tutti stiamo vivendo ci renderà davvero più forti nel pellegrinaggio comune che è la vita». In effetti, è certo che questa rete invisibile ma reale di preghiere, atti concreti di assistenza ai più vulnerabili e di digiuno rafforzerà i rapporti umani e sociali nel locale, sui territori spesso piagati da questa pandemia, che non ha fatto differenze di cultura e religione e che ci fa sentire più vicini gli uni agli altri. Le religioni, dunque, sono sempre più presenti in un momento in cui ogni uomo e donna nel mondo si stanno interrogando sul senso della vita e della morte, con la paura che è tornata a essere protagonista del nostro mondo. «Nessuno di noi può dirsi estraneo agli altri – afferma il cardinale Ayuso. C’è un legame profondo che nasce dalla nostra stessa natura umana e che, per chi crede, trova compimento nelle nostre convinzioni di fede. Tutto ciò per dire che c’è un cammino comune fatto di dialogo, incontro, momenti di preghiera alla base dell’iniziativa del 14 maggio che, pertanto, non nasce dal nulla». Stimolante anche la riflessione che il teologo musulmano Adnane Mokrani, attualmente professore presso la Pontificia Università Gregoriana, propone sul quotidiano Avvenire. «Con la preghiera chiediamo innanzitutto il perdono di Dio perché siamo tutti peccatori. E siamo un po’ tutti parte del sistema ingiusto […] nessuno può dirsi totalmente estraneo ad esso. […] Riconoscere questo è il primo passo per una conversione personale, che può e deve portare a un mondo migliore. Il Corano lo dice chiaramente: “La preghiera preserva dalla turpitudine e dal male […] Dio non cambia nulla a un popolo finché quel popolo non cambia la disposizione della propria anima”».