La gioia di Vivaldi

All’Oratorio del Gonfalone a Roma il concerto dell’ensemble “Le muse”. Brio e ritmo scatenati
Il celeberrimo ritratto presunto di Antonio Vivaldi (anonimo, XVIII secolo, circa 1723) conservato nel Museo internazionale e biblioteca della musica di Bologna (Foto originale da en.wikipedia, Pubblico dominio, Wikimedia Commons)

Sono un quintetto d’archi diretto dal 1998 da Laura Simionato ed ormai sulla cresta dell’onda, dal vastissimo repertorio, tutto femminile come la solista australiana Lisa Green. Per la stagione conclusiva dei concerti al Gonfalone nell’Oratorio – capolavoro del tardo Cinquecento affrescato con le storie della Passione di Cristo dai pittori manieristi – la gioia del “Prete rosso” fa da contrappeso ai drammi rappresentati sulle pareti della cappella.

Pubblico scelto e appassionato per una musica che fa della fantasia, dell’estro il suo specifico. Si comincia con il breve Concerto in sol maggiore La Rustica e poi è la volta della scossa con le Quattro Stagioni. Popolarissime, perciò difficili, perché il bello è sempre semplice ma non semplicistico, ed è difficile coglierne ogni volta quel qualcosa di nuovo che pure esiste. Il complesso sceglie tempi in genere rapidi, tendenzialmente anche negli Adagi e punta ad una vivacità che trova nel violino solista punte di elettricità fantasiosa e acutissima. Sono in cinque a suonare, ma sembra una orchestra di almeno venti, sia per l’acustica perfetta che per il calore e il colore del suono.

Stupisce l’Adagio dell’Autunno morbidamente rilassato, un trionfo della sensualità musicale veneziana e piace l’impeto fresco della Primavera come il vortice del “temporale” estivo:  solista e complesso offrono una lettura di luce sprizzante, vulcanica si direbbe.

Del resto, che Vivaldi fosse un tipo vivace anzi vulcanico – nonostante i suoi (veri?) problemi di salute – è noto. Certamente, era un uomo “tutto musica”, uno strano prete che non diceva messa per debolezza di salute ma poi viaggiava per l’Europa ad allestire le sue musiche, finendo a morire a Vienna. Ambiguità degli artisti su cui è meglio sorvolare.

Di tutte le Stagioni tuttavia, il punto per chi scrive più bello è stato il Largo dell’Inverno con il pizzicato degli archi a sostenere una melodia così cantabile e pura che sembra portarci dentro ad una tela del Giorgione. Freschezza, virtuosismo stellare, bravura e affinità del gruppo. Con un solo appunto: forse la velocità dei tempi potrebbe risultare a scapito della melodia, così importante in Vivaldi e di alcune sfumature.

Bravissime Le Muse, musiciste innamorate di un folle per la musica come era il “Prete rosso”.

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