La gioia della nascita e la fatica del puerperio
Un giorno andai a trovare in ospedale un’amica che aveva appena partorito il secondo figlio, era già in piedi e in un buono stato fisico, teneva al braccio una flebo di antidolorifico. Le chiedevamo tutti come stava e lei col sorriso felice di una mamma diceva: “sto bene”. Mi piace tanto osservare le donne che hanno appena partorito, hanno in viso qualcosa di eroico e allo stesso tempo naturale, ciascuna in modo diverso, per il tipo di parto o per la propria personalità.
Ad un certo punto mentre la guardavo, mi dice sottovoce: “per loro (riferendosi agli altri familiari) torniamo a casa e lo “spauracchio” del parto è passato, a me, aspettano ancora 40 giorni”. Lasciava intendere, con aria complice, che sapeva bene che l’aspettava il “puerperio” un periodo post-partum (che dura circa quaranta giorni) in cui la donna è in fase di riassestamento fisico e mentale. Il corpo della puerpera è soggetto a modificazioni fisiologiche, mentre al livello della zona pelvica e uterina vi è un ritorno alle funzioni pregravidiche.
È il momento dell’allattamento, un periodo in cui avviene “l’attaccamento primario”, quella particolare relazione madre-bambino in cui si entra in sintonia. L’allattamento oltre ad avere una funzione nutritiva, ha funzione relazionale e dunque psichica. Il contatto pelle a pelle crea un vissuto di “tenerezza”, la pelle è uno strumento che media situazioni emotive piacevoli, la vicinanza, la percezione olfattiva, gli sguardi tra madre e bambino, i suoni vocali durante le pause della suzione, il contenimento tra le braccia compongono il piacere provato nelle donne durante la lattazione. In altri casi, ancora, per alcune (e per vari motivi) può essere doloroso.
La nascita è un momento di grande gioia per la compartecipazione al miracolo della vita e allo stesso tempo in queste prime settimane si può sperimentare una sensazione di “vuoto”, nella maggior parte dei casi tra la terza e la quarta giornata post-partum si può manifestare una depressione di media entità. Questo stato è caratterizzato da pianto, stanchezza, irritabilità, ansia, che può durare qualche ora o qualche giorno, altre manifestazioni invece sono quelle forme di depressione che si presentano tra le otto e le dodici settimane, la cui durata può prolungarsi fino ad un anno o diciotto mesi.
Il puerperio è un periodo di vulnerabilità della donna in cui è possibile che conflittualità irrisolte si ripropongano. Spesso si presentano delle paure particolari, la donna può sentirsi insufficiente all’accudimento del bambino, percepisce la responsabilità come troppo grande e impegnativa per le sue possibilità. La domanda che spesso le neo-mamme si pongono è: “Ha bisogno di me? Saprò occuparmene?” Questo periodo è anche definito fase della “dipendenza assoluta” del neonato dalla mamma, a cui viene chiesta una grande capacità da parte di quest’ultima di adattarsi ai bisogni del bambino.
Un altro interessante aspetto riguarda: l’incontro con il bambino “reale”, diverso da quello “immaginario” o fantasticato durante la gravidanza. La donna dopo il parto incontra il suo bambino, quello atteso e immaginato, con cui aveva probabilmente iniziato a stabilire una comunicazione, parlandogli e accarezzando il ventre o rispondendo ai suoi movimenti fetali. Il puerperio è un tempo complesso, in cui si riorganizza l’identità della donna, non più figlia, ma anche madre, non più solo donna, ma donna e madre.
È un periodo prezioso in cui si stabilisce una prima relazione col bambino, in cui avviene quella che viene chiamata “preoccupazione materna primaria” che è la capacità di attivare delle forme di interazione e di affettività fondamentali per la crescita del bambino.
Davanti a questi quaranta giorni importanti è necessario che la matrice di supporto della neo-mamma e dei neo-genitori, quindi tutti coloro che costituiscono la loro rete sociale, deve essere di sostegno concreto, con attenzione e rispettando senza invasioni eccessive questo nuovo mondo in costruzione.
Anche il padre potrebbe essere disorientato da tutti questi cambiamenti e dalla simbiosi tra madre-bambino al quale nel tempo dovrà integrarsi, ma avrà un ruolo fondamentale nell’affiancare con cura la donna. Vorrei concludere con le parole di Winnicott pediatra e psicoanalista britannico che nei suoi cinquant’anni di esperienza clinica ha offerto notevoli contributi: “Il bambino piccolo non può esistere da solo, ma è fondamentalmente parte di una relazione”.