La Georgia ha il suo presidente miliardario
La Georgia sembra voler voltare pagina. È l’ora del cinquantaseienne Bidzina Ivanishvili (nella foto), dopo la stagione del giovanissimo presidente Michail Saakashvili, eletto il 25 gennaio del 2004, che vinse a man bassa con la sua “rivoluzione delle rose”, cacciando il post-sovietico Shevarnadze con una scelta radicalmente filo-occidentale, dopo un pugno di elezioni vinte grazie ad un “sapiente” populismo, alla sua fama di “macho” tanto apprezzata dai maschi georgiani, ai dollari di provenienza statunitense e al favore dei media.
Ma Saakashvili, sposato ad una donna colta e affascinante, un’olandese conosciuta durante i suoi studi a Londra, ha commesso anche passi falsi, come la sciagurata guerra del 2008 contro i russi, per la riconquista dell’Ossezia del Sud. Saakashvili voleva in sostanza liberare la Georgia dalla “schiavitù russa” e traghettare il Paese verso un capitalismo all’americana, simboleggiato in alcune opere architettoniche un po’ faraoniche e un po’ pacchiane che hanno cambiato (in peggio) il volto della capitale Tbilisi, a cominciare dal “suo” palazzo presidenziale, sormontato da una cupola di vetro oblunga che ricorda quella del Capitol di Washington, illuminata di notte da luci da discoteca! C’è riuscito? Parzialmente. Certamente queste elezioni sembrano dire che anche nel Caucaso l’alternanza democratica, la prima vera transizione passata per le urne, è arrivata e si è stabilita con successo in una società post-sovietica. Un grande passo in avanti.
Chi ha sconfitto Saakashvili? Bidzina Ivanishvili, un plurimiliardario (patrimonio di 5 miliardi di dollari), un self made man, visto che suo padre era un povero minatore, un uomo dal sorriso sempre pronto (come il suo predecessore), un po’ spaccone ma nel contempo fornito di un’intelligenza politica non secondaria, visto che è riuscito a galvanizzare in un solo anno un’opposizione in liquefazione e a condurre una campagna elettorale di estrema durezza. Ma ora, appena eletto, usa già toni più concilianti, centrando il suo discorso politico sulla necessità di mettere da parte le ambizioni da grande potenza locale per centrare l’attenzione sull’economia che va male e guardare anche verso lo scomodo vicino russo, senza pretendere di scatenare guerre impossibili. C’è pure da sconfiggere una corruzione che mina la democrazia del Paese, e un ancora difficile rapporto della politica con le forze di sicurezza.
Bidzina Ivanishvili, che ha fatto fortuna soprattutto in Russia, anche se i suoi rapporti con Putin e Medvedev non sembrano dei migliori, si trova ora a gestire i grandi problemi della Georgia, in particolare lo stato di povertà acuta di larghe zone del Paese, le questioni territoriali aperte col vicino russo (Abkhazia e Ossezia del Sud) e il problema degli approvvigionamenti energetici. Senza parlare della coabitazione forzata col presidente Saakashvili, che resterà in carica per un anno ancora, fino alle elezioni presidenziali dell’ottobre 2013. Fonti locali prevedono un iniziale fair play post-elettorale, seguito da una forte guerra politica tra presidente e premier: chi conosce Saakashvili sa che questi non mollerà l’osso del potere tanto facilmente.