La Francia e l’Islam “separatista”

Il ministro degli Interni Gérald Darmanin ha avviato le procedure per la chiusura della moschea di Cannes, accusata di antisemitismo e di promuovere valori ostili a quelli della Repubblica

Ha indiscutibilmente un certo carattere il ministro francese dell’Interno, proveniente dalla destra sarkozysta, ma diventato poi macronista. Ieri ha detto chiaro e tondo di aver avviato le procedure per la chiusura della moschea al-Madina al-Mounawara di Cannes: «Chiudiamo una delle moschee di Cannes perché responsabile di aver ospitato discorsi antisemiti, di aver sostenuto il Ccif (Collettivo contro l’islamofobia in Francia) e BarakaCity», ha dichiarato il ministero dell’Interno, d’intesa col primo cittadino della città di Cannes. Guarda caso, il Ccif e BarakaCity sono le due associazioni che Gérald Darmanin ha dissolto già nel 2020, in seguito all’assassinio di Samuel Paty, il professore di storia e geografia decapitato per aver mostrato nella sua classe le vignette su Maometto pubblicate da Charlie Hebdo. Da tempo numerosi cittadini dei dintorni si lamentavano presso il comune per i disturbi causati dalle attività della moschea. Da tempo, comunque, il centro di culto musulmano era sotto alta attenzione da parte dei servizi per le voci che si rincorrevano sulle prediche antisemite degli imam.

Le ragioni elencate dalla prefettura di Cannes vanno dai discorsi di odio verso la Francia, alle omelie che lanciano strali contro omosessuali e transessuali, mentre non va trascurato l’odio antisemita, la promozione della shari’a e l’appoggio ad un Islam radicale e separatista, pro-jihadista. Secondo le cifre diramate recentemente dal ministero dell’Interno, sono addirittura 21 le moschee radicalizzate chiuse attualmente in Francia, con altre cinque sotto stretta sorveglianza in vista di una possibile chiusura.

Ma che succede a Parigi? Sotto la presidenza Hollande non si era mai giunti a tanto. Ora, invece, con Macron si è ingranata la marcia superiore, dopo che il ministro Darmanin ha fatto approvare il 24 agosto scorso dal Parlamento una legge che conferisce al ministero strumenti più efficaci e rapidi per porre fine alle derive di certe frange religiose fondamentalistiche. L’accusa che viene rivolta alla gauche è quella di non voler vedere una realtà esistente come quella dell’Islam separatista.

Viene da chiedersi se quanto accade in Francia non sia solo un’anticipazione di quanto avverrà negli altri Paesi europei. Certamente l’attenzione non è mai troppa nel combattere tenenze violente che certo mondo islamico per decenni ha lasciato nutrire al proprio interno. Ma, nello stesso tempo, in quello che sta succedendo per le azioni del ministro Darmanin sembra dovuto alla specificità francese nel rapporto con l’Islam, rapporto che è sempre stato conflittuale. La storia, a cominciare dalla grande guerra coloniale con l’Algeria – appena settant’anni fa − indica un rapporto conflittuale di certo mondo musulmano con la struttura dello Stato laico e repubblicano, che limita più che altrove la dimensione pubblica della religione, qualsiasi religione.

Ora, se c’è una religione che abbisogna nel suo sistema di pensiero e di azione della dimensione pubblica è proprio l’Islam soprattutto sunnita, in cui la vita privata del credente ha da esprimersi imperativamente anche nella piazza pubblica. Tutto “si tiene” nella fede islamica, non è possibile separare l’animo umano tra una parte più di testimonianza pubblica e una di vita più interiore, spirituale. Ora, i valori repubblicani à la française restringono questa sfera pubblica in mille modi, e promuovono anzi la laicità in qualche modo a “religione comune”, che tutti debbono professare e accettare. C’è il rischio, evidentemente, di creare una sorta di “religione delle religioni” che detterebbe le sue regole ai vari culti che mai debbono acquisire una dimensione pubblica.

Il discorso è complesso, ma potrebbe essere proprio questa la ragione prima della difficoltà a reprimere le tendenze violente e “separatiste” di certo mondo musulmano. In Italia, in Germania, in Spagna i valori repubblicani sono altrettanto solidi, ma le conciliazioni con la sfera religiosa sono più semplici e duttili, consentendo quella manifestazione pubblica dei propri sentimenti religiosi che non sono di per sé un attentato alla laicità d’un Paese.

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