La fragile bellezza
Attraverso la bellezza, sempre più fragile, di immagini irripetibili che ritraggono aspetti di un pianeta che muta vertiginosamente volto, la mostra della prestigiosa rivista National Geographic vuole essere un inno alla vita, all’ottimismo della ragione; e una riflessione sulla necessità di uno sviluppo sostenibile. La storia del celebre magazine, che da oltre un secolo racconta e illustra il mondo e la natura, viene sintetizzata attraverso scatti molti dei quali inediti, selezionati tra i più importanti reportage realizzati in ogni angolo del globo. Una documentazione preziosa che ci restituisce anche la passione per la conoscenza e la divulgazione che anima i fotografi del National. Trentanove di questi in novantadue immagini tracciano un percorso visivo attraverso quattro sezioni che corrispondono agli elementi della natura, acqua, aria, terra, fuoco, da cui il titolo della mostra. Come il fotografo dei ghiacci Paul Nicklen, cresciuto con gli inuit; o Carsten Peter, specialista della fotografia naturalistica estrema. Tra i veterani della rivista c’è Joel Sartore, ma anche Steve McCurry, fotografo Magnum famoso per le immagini a colori ricche di umanità scattate nel Sudest asiatico, che travalicano i confini delle lingue e delle culture. Frans Lanting è invece il fotografo globetrotter autore di un lungo viaggio intrapreso nel 2000 per raccontare l’evoluzione della vita sulla Terra; Michael Yamashita, battezzato il fotografo di Marco Polo, che ha lavorato in luoghi come Soma- lia e Sudan, Nuova Guinea e New Jersey, anche se l’Asia resta la sua area di concentrazione specialistica; e poi Reza, l’ideatore della prima agenzia fotografica indipendente dell’Afghanistan post-talebano; e Robert Clark, premiato col World Press Photo 2002, per la foto dell’aereo schiantatosi sulle Torri Gemelle. Accanto a questi, cinque colleghe donne: Jodi Cobb, Maria Stenzel, Annie Griffiths Belt, Karen Kasmauski e Sisse Brimberg, autrici di grandi temi come la schiavitù nel ventunesimo secolo, ma anche di storie più intime, che rivelano mondi chiusi e segreti. E infine Alexandra Boulat, fotoreporter di guerra scomparsa lo scorso ottobre, che attraverso le sue foto ha dato un volto alle vittime dei conflitti del terzo millennio.