La fototessera e la cura
I contagi per la pandemia da Covid a Roma, dove abito, ci sono ancora, anche se le vaccinazioni proseguono. Avverto ancora la preoccupazione delle persone e anche la mia. Una mattina esco di casa per fare una commissione. Lungo la strada mi ferma una signora davanti a una cabina automatica per le fototessere. La donna è visibilmente agitata e mi dice che sta facendo una pratica con una certa urgenza e deve consegnare le foto, ma non sa da che parte cominciare. Mi chiede aiuto.
«Certo», rispondo. Insieme abbiamo letto le istruzioni fuori dalla cabina, poi ci siamo preparati per i passi successivi. La signora è sulla soglia, davanti alla tendina, si prepara. Tutto pronto. Quindi la invito a entrare e a seguire le procedure.
Mentre sto andando via sento la signora che mi chiama: «Devo togliere gli occhiali per la foto ma non riesco a leggere le istruzioni senza».
In tempi “normali” e non con la pandemia in corso di sicuro l’avrei aiutata, ma forse devo stare a distanza dalle persone sconosciute e fra l’altro non ho fatto ancora il vaccino. Ma subito penso: «La pandemia non deve diventare una scusa per non amare. Davanti al prossimo che ha bisogno non posso fingere di non avere sentito».
Allora ritorno da lei, mettendo bene la mascherina, disinfettando le mani. Un gesto che faccio per proteggere lei e me stessa. Dico alla signora che sto aprendo la tendina della cabina in modo che lei si possa allontanare un po’. Leggo e ripeto per lei le istruzioni, la aiuto a inserire la banconota, ad aggiustare l’altezza degli occhi e a regolare il seggiolino. Poi sono uscita di nuovo, dicendo a lei di premere il pulsante per scattare la foto.
Ma la signora non è tranquilla. Allora le dico che avrei aspettato fino a che le foto fossero stampate. Dopo qualche minuto abbiamo ritirato le foto e sono venute bene. Ci siamo salutati, la signora è soddisfatta e mi dice: «Oggi un angelo mi è venuto incontro».
Sicuramente non è stato un grande gesto ma ha richiesto un po’ di coraggio. Sono contenta di aver prestato cura a una persona. Ho ripreso il mio cammino e, guardando il cielo, sono convinta che gli “angeli-umani” sono tanti e che sono pronti a osare per prendersi cura l’uno dell’altro.