La forza delle donne

Widows - Eredità Criminale è un film diretto da Steve McQueen, con Elizabeth Debicki e Colin Farrell. È la lotta fra giustizia e ingiustizia, fedeltà e infedeltà, verità e ipocrisia: è la voglia di poter vivere la vita. Per questo motivo, il film è ben più che un action thriller. Uscita al cinema il 15 novembre 2018.

Questa volta non si tratta di un film poliziesco al femminile, di cui non mancano gli esemplari. Ma di una tragedia familiare che investe quattro donne. I loro uomini sono morti nel corso di una rapina fallita. Ora vengono ricattate da un boss malavitoso che vuole lanciarsi in politica e rivuole il denaro  della rapina che loro non hanno.  Soprattutto Veronica, moglie del leader Harry (Liam Neeson) scomparso pure lui. Ha un mese di tempo per recuperarlo, pena la vita. È questa la storia di Widows – Eredità criminale, diretto come un thriller tragico, senza un attimo di ovvietà, da Steve McQueen. Thriller, ma non perché zeppo delle solite sparatorie e suspence, ma perché le quattro vedove non hanno il tempo di piangere, costrette ad uscire dal guscio familiare – più o meno soddisfacente – e a farsi nell’animo “uomini”, determinate, coraggiose. Non subito certo, perché la paura è molta e la diffidenza fra loro stesse – di condizione sociale diversa – fatica ad essere superata. Veronica – la magnifica Viola Davis – vive da signora,  a differenza delle altre, e si trova d’improvviso, come tutte, povera, anche se non disposta a fare la escort come Alice.

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Sullo sfondo del dramma la Chicago delle elezioni imminenti, della  politica cinica sia dei bianchi come dei neri, il razzismo imperante, la religione che sta con il vincitore, la desolazione di una città scura come le notti, in cui quasi mai si vede il cielo. Il dramma personale si allarga in questo modo a parabola universale di una società senza valori, dove le donne lottano per la vita. Ma non sono delle eroine. Veronica piange da sola nel letto, ricordando i momenti di affetto col marito. Talora, il regista  inquadra solo una lacrima, una pupilla e le mille sfumature dell’anima, del dolore,della paura, vengono così rimbalzate sul grande schermo, ingigantite – per questo il film è da vedere in sala – e diventano parte dello spettatore.

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Il film scorre rapidissimo e le oltre due ore non si avvertono. Tanta è la scioltezza del ritmo, la potenza evocativa delle immagini – corpi, volti, luoghi -, l’efficacia dei dialoghi serrati (memorabile il duello padre-figlio di Robert Duvall e Colin Farrell), i lunghi silenzi. La donna appare la persona capace di oltrepassare la sofferenza  per continuare a vivere, Veronica in particolare.  Ma questo non è un film femminista. Il dramma che ha dei momenti scespiriani è più grande, è la lotta fra giustizia e ingiustizia, fedeltà e infedeltà, verità e ipocrisia: è la voglia di poter vivere la vita. Per questo motivo, il film è ben più che un action thriller.

 

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