La forza dell’amore

Nelle sale un grande film di Paul Thomas Anderson, Il filo nascosto, il ritratto di Reynolds Woodcock, creatore di moda. Il film ripercorre le tappe di una storia d'amore, una battaglia tra personalità forti, ognuna a suo modo. Da una parte la forza dell'amore che può tutto, se vuole, o quasi, rischiando di persona; dall'altra  la forza prepotente della creazione artistica, che rischia di far chiudere l'uomo in un narcisismo solitario e fragile come un bambino

Consigliamo a tutti di vedere Il filo nascosto di Paul Thomas Anderson. Uno dei  film dedicati all’alta moda, almeno come storia. Ricordate Pret-à-Poter del 1994, ribelle e corrosivo ritratto di Robert Altman, Valentino l’ultimo imperatore del 2009, Yves Saint Laurent del 2014?  Il lavoro di Anderson è altra cosa. Recitato in maniera superlativa da Daniele Day-Lewis – che a 60 anni è ancor più magnetico –  è il ritratto di Reynolds Woodcock, creatore di moda, bello, inaccessibile, superbo che vive solo per la propria arte.

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Cerca la perfezione nei vestiti, le modelle sono esseri che gli servono solo per questo scopo, usa tutto e tutti per la gloria di sè e della sua aspirazione alla perfezione. Impeccabile, ricercato, si muove a suo agio solo con i vestiti, le collaboratrici, l’adorata sorella che gli fa da padre e da madre. È un mondo fatato, fragile come i lampadari della casa dorata di scapolo impenitente, solitario. La cameriera Alma (Vichy Krieps) si innamora di lui: diventa modella, aiutante, amante. ll  rapporto è burrascoso, l’uomo è vulnerabile, capriccioso, instabile. Ma la tenacia dell’amore di lei lo vuole conquistare.

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Il film ripercorre le tappe di questa battaglia tra personalità forti, ognuna a suo modo. Spia le schermaglie amorose e caratteriali tra i due, i sussulti psicologici del mondo femminile, invidie gelosie timori, mortificazioni: tutto tra una sfilata e l’altra, tra visite di personaggi reali ed altolocati, in interni lussuosamente “decadenti” ed esterni brumosi. La fotografia racconta, indaga i dettagli: mani, dita, piedi, visi, occhi e stoffe, oggetti, come se ciascuno fosse un personaggio. Ma anche mobili e tendaggi, pavimenti e soffitti e, negli esterni, laghi foreste strade: dando però la sensazione di trovarsi sempre in un interno, dove la ragazza giovane e spontanea, si sente soffocare. Il perfezionismo di lui infatti diventa un logoramento dell’anima. Perciò la storia fra l’uomo e la ragazza conosce alti e bassi, lui che la vuol dominare scontrosamente e lei che non vuole essere usata. Alma tuttavia è tenace, lo avvelena pur di farsi amare, di averlo tutto per sè, di aprirlo finalmente alla generosità, agli altri.

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Così il film svela un doppio binario: da una parte la forza dell’amore che può tutto, se vuole, o quasi, rischiando di persona; dall’altra  la forza prepotente della creazione artistica, che rischia di far chiudere l’uomo in un narcisismo solitario e fragile come un bambino. Reynolds è continuamente sospeso tra  le due vie: cedere alla tenerezza o vivere per l’arte, orgogliosamente. Anderson mette a fuoco, con una messinscena raffinata, di livello interpretativo alto, la storia tra semplicità e superbia, tra diverse classi sociali, in definitiva tra il modo di vedere e volere o non volere l’amore che esige tutto. Con una perfezione stilistica rara, dove la cura dei dettagli esalta l’atmosfera di un teatro delle passioni che aspettano di sgelarsi e di sciogliere i nodi dell’egoismo. Riuscirà Alma nella sua impresa? Da non perdere.

 

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