La fontana dell’Acqua Acetosa
C’era una volta e c’è ancora, a Roma, la Fontana dell’Acqua Acetosa. Andai a trovarla in un capriccioso giorno d’aprile. Vedere una fontana imponente, sormontata da un nobile stemma papale, abbandonata ai margini d’una strada e sfiorata da un traffico caotico mi strinse il cuore.
La salutai cordialmente. Sorpresa, osservò: «Qualcuno mi ricorda ancora!». Le chiesi di raccontarmi la sua storia. Al pensiero del tempo passato, si rianimò:
«Mi fece costruire papa Paolo V, nel 1613, per raccogliere un’acqua acidula (detta acetosa) che, com’è scritto in latino lì, sulla mia cima, “cura i reni, lo stomaco, il fegato, la milza e mille altri mali”. Nacque così il mestiere di acquacetosaro, venditore d’acqua acetosa.
«Che traffico allegro c’era intorno a me! Gli acquacetosari arrivavano sui loro carretti, riempivano i barili e via, a vendere l’acqua ai clienti che la ricevevano come una salutare medicina.
«Poi tutto è finito. E io rimasi qui, come mi vedi: abbandonata e inutile. Sic transit gloria mundi! È proprio una storia triste, la mia!».
Le risposi: «È triste, ma non inutile. Mentre raccontavi, pensavo che la stessa sorte può toccare anche alle persone che hanno segnato la nostra vita. Noi uomini abbiamo la memoria corta, soprattutto riguardo al bene ricevuto. Le ingiustizie (vere o presunte) i torti (piccoli o grandi) quelli no, non ce li scordiamo tanto presto! Dovremmo imparare a fare il contrario: ricordare il bene e scordare il male. Scrivere il bene, a caratteri d’oro, nel nostro cuore e cancellare il male. Non è facile, ma si deve provare. Per queste riflessioni, ti dico grazie».
«Grazie: che bella parola! Non me l’aveva mai detta nessuno, neanche gli acquacetosari che venivano a prendermi una gran bella quantità d’acqua. Ma erano sempre così di fretta! Ora, anch’io ti ringrazio: ho passato un bel pomeriggio con te. Tornerai a trovarmi?».
«Certo e ti porterò i saluti di tanti miei piccoli amici che, da te, avranno imparato una cosa importante per la loro vita».