La fine della Galassia
Due ore e mezzo e non sentirle. È l’astuzia degli sceneggiatori della Marvel e del regista James Gunn che ne “I guardiani della Galassia” grazie a mirabolanti effetti speciali, a dialoghi stretti e a battute scintillanti ci riporta ai supereroi che si stanno ambientando a Knowhere, stazione e osservatorio inter-dimensionale noto in Italia come Ovunque.
Peter Quill, l’umano rapito da piccolo dagli extraterrestri (il sempre plastico Chris Pratt, quello di Jurassic Park) è giù di corda. Nella puntata precedente, l’amata Gamora è stata uccisa dal perfido Thanos ed ora al suo posto arriva la sua versione più giovane che però lo respinge e lo fa soffrire. Ma questa volta il gruppo deve salvare la vita al procione Rocket ferito mortalmente e darsi da fare.
Viaggi supergalattici, azioni a non finire, fantasia, e siamo proiettati dentro un universo che non ha tempo né spazio. La fantasia può allora correre e il film narrare, al di là dell’effetto spettacolo, i sentimenti di sempre: amore, amicizia, lealtà, voglia di combattere i cattivi da parte dei buoni, non sempre buonissimi. Ed esplorare.
Il finale non lo riveliamo, ma lasciamo la sorpresa. Riusciranno i nostri super ad evitare la morte dell’amico ed anche la loro? Perché alla fin fine, questi blockbuster hanno di fondo una cosa sola: evitare la morte e dare all’uomo il senso che può tutto e non finirà mai. Made in Usa, ovviamente. Per rilassarsi.
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