La fiction riscrive la storia

Spartacus e i Tudor, i Borgia, i Medici. E il Trono di spade. Fantastoria o messaggi al grande pubblico?

Cominciò Alexandre Dumas padre, quello dei Tre Moschettieri che poi diventò Vent’anni dopo e chiuse con Il Visconte di Bragelonne. In pieno ’800 il romanzo “storico” e “popolare” furoreggiava: un misto di realtà e tanta fantasia. Amori, duelli, congiure, guerre. La cosa non è cambiata, perché alla gente piace sognare e fantasticare sul passato, magari facendo qualche aggancio al presente. L’hanno fiutato produttori, sceneggiatori e storici astuti che ci snocciolano una serie dopo l’altra, riscrivendo la storia. In un certo modo, ovviamente. Con abbondante uso di effetti speciali, cast di grandi attori (Dustin Hoffmann nei Medici) o lancio di future star (Kit Harington, il Jon Snow del Trono di spade), dialoghi incisivi, scene girate in esterni fascinosi e in interni che riproducono “la realtà storica”. E tanta azione, per non annoiare il pubblico con lungaggini, ma puntate veloci dove si seguono le vicende degli eroi del passato-presente.

Storia vera o fantastoria?

Bellezza, sesso e sangue. Sono gli ingredienti di sicuro successo. Su cui ci si lancia di corsa, offrendoci sangue a volontà e sesso esplicito. Così l’obeso Enrico VIII è l’algido Jonathan Rhys-Meyers, Cosimo de’ Medici è il bruno Richard Madden (il Robb Stark del Trono di spade), e le donne di casa Borgia o dei Tudor una sfilata di bellezze femminili. A differenza della saga borgiana infarcita di luoghi comuni antistorici (veleno sangue congiure), quella dei Tudor, affidata ad attori prestigiosi  (Sam Neill come cardinale Wolsey), tenta una più seria indagine sui fatti. Ma Enrico VIII diventa quasi “costretto” ad esercitare in modo cruento il potere, Tommaso Moro un fanatico, per non parlare della figura caricaturale di papa Paolo III (Peter ‘0 Toole). Sono le donne, nella serie inglese, ad essere i personaggi più credibili storicamente, come Anna Bolena (Natalie Dormer), perfetto simbolo di scalata e discesa dal potere.

Quanto a Spartacus, si tratta invece di un eroe “americano”. Un atleta dal fisico scolpito, come gli schiavi-gladiatori, e le bellezze femminili, siano schiave che romane. Sotto questo aspetto la serie non si risparmia, torrenti di sangue e corruzione. I romani non ci fanno una gran figura: il generale Crasso ha un figlio imbelle, Cesare è un donnaiolo. Ma Spartacus, eroe di libertà, tipico self-man made in Usa, emerge sugli emarginati di allora e di ora, “salvati dall’America”, contro la Roma prepotente: chi è, la Cina o la Russia?

Saga truculenta, condita di effetti speciali, è un punto basso nelle fiction pseudo-storiche. Un fumettone che riscrive la rivolta degli schiavi come fosse la guerra di secessione americana.

Il “Trono di spade”

Arrivato alla settima serie – chiusa il 28 agosto – e in attesa dell’ultima (forse), la saga “medievale” è una grande prova attoriale e scenica.

Certo, proprio medievale non è, se non per i costumi nobiliari due-trecenteschi. Per il resto continua a mostrare un Medioevo di fantasia: mostri, magie, non- morti, religioni  fanatiche.  E la sete del potere, con contrasti fra  le casate, e le due regine Cersei dei Lannister – una vera Lady Macbeth – e la Madre dei draghi. Pochi eroi positivi, tra cui il “bastardo” Jon Snow di casa Stark “risorto” da morte ad opera di una maga: è stato in un aldilà dove “non c’è nulla”. Potere, denaro, cinismo agitano le storie, girate con grande dispendio di mezzi.

Non importa il prezzo né le morti innocenti. Difficile non scorgere in questa serie, più delle altre, l’aggancio  al  contemporaneo dove i poveri vacillano e i potenti lottano per dominare. Il messaggio sotterraneo è chiaro, e non apre a grandi speranze, anche perché un futuro, dopo la morte, non c’è. Forse, oltre che in un’affascinante fantastoria, siamo in una grande metafora sull’uomo di allora e di oggi. Che lascia un suo messaggio non troppo lusinghiero: l’arte del potere esige da sempre sangue e machiavellismo. Chissà se il pubblico, abituato a prodotti di lusso – e questo lo è più di tutti – se ne accorge.

 

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