La Fiat e il Marchio Italia

La casa automobilistica torinese intende realizzare un vero e proprio salto di produttività. Dalla separazione in due diverse società alla riorganizzazione della produzione, i principali cambiamenti.
produzione auto

Che la Fiat si separi in due diverse società per azioni – il settore auto e quello dei grandi trasporti, macchine agricole e simili – può essere utile per alleanze diverse nei due rami: nel caso delle auto è già un fatto quella con la Chrysler, con Marchionne amministratore delle due aziende. Unico problema è come le due società si divideranno i debiti: entrambe ne saranno subito responsabili in modo solidale, ma quando si deciderà come spartirli questo inciderà sul valore delle azioni, che saranno però entrambe in mano agli attuali possessori.

 

Dall’annuncio del programma fino al 2014 sembra si intenda rafforzare la produzione di auto di prestigio, che offre più profitto: costruirne una non costa molto di più che costruire un’utilitaria, ma la si può vendere ad un prezzo molto maggiore, perché la scelta non è solo sul prezzo ma anche su fattori di immagine. Queste produzioni sembra saranno concentrate presso la casa madre a Mirafiori, mentre le utilitarie ed in particolare la Panda saranno prodotte a Pomigliano D’Arco (Napoli). Sempre che si giunga ad un accordo per un utilizzo degli impianti molto più intensivo, evidentemente non realizzabile con i presenti accordi sindacali: infatti un accordo apposito è una condizione Fiat per confermare questo piano e non adottare invece il "piano B", che punterebbe su maggiori produzioni all’estero.

 

Che ci sia un vero salto di produttività da realizzare lo dimostra il fatto che, pur chiudendo lo stabilimento meno produttivo (quello di Termini Imerese in Sicilia), si intende raddoppiare la produzione in Italia. Il messaggio della Fiat questa volta è chiaro: non più sussidi statali anche se indiretti (li ha già avuti l’anno scorso assieme alle altre case automobilistiche grazie alle rottamazioni) ma una maggiore efficienza, senza che sia accompagnata dalle pretese dei sindacati di condividerne i vantaggi.

 

Si potrebbe dire che la Fiat Auto, in cui rimangono Ferrari, Maserati e Alfa Romeo, intende proporsi nei grandi mercati emergenti di auto di prestigio – l’India e la Cina – con tutto il prestigio del marchio Italia, fatto di auto di grande livello, costruite nelle sue fabbriche italiane migliori ed anche negli Usa, ma questa volta nelle auto piccole e a basso consumo, prodotte in Italia. Un’operazione di immagine che speriamo le riesca: non è chiaro quanto in questo progetto la Fiat abbia tenuto conto delle esigenze ambientali e di consumo anche per quelle fasce di auto che – vista la futura scarsità di petrolio e necessità di ridurre l’impatto ambientale – in Asia conteranno anche più che in Occidente.

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