La Fiat come questione nazionale

Una crisi prevedibile quella dell'azienda torinese. Urge un piano condiviso con il Governo e una via di uscita per l'intera economia italiana
Marchionne

Il presidente del consiglio Mario Monti ha detto recentemente di intravedere una luce in fondo al tunnel della crisi. Con i modi espliciti che lo contraddistinguono, il manager italo-canadese Sergio Marchionne, conti alla mano del mercato dell’auto in Europa, ha detto che la luce effettivamente esiste, ma è quello di un treno in corsa che ci sta arrivando addosso. L’immagine cruenta si è materializzata con la stringata dichiarazione della Fiat di venerdì 14 settembre 2012 sull’esito prevedibile del consiglio di amministrazione di fine ottobre, dove verrà aggiornato il piano di Fabbrica Italia. Si paventa la riduzione degli investimenti e la chiusura di altri stabilimenti.

Il ministro del Lavoro italiano, Elsa Fornero, in un’intervista rilasciata il 17 settembre al vice direttore di Repubblica, ha annunciato che «dopo l'annuncio di venerdì, all'amministratore delegato (della Fiat) ho chiesto un incontro urgente. Gli ho comunicato una serie di date. Mi ha risposto che era in partenza per gli Stati Uniti, e che mi avrebbe fatto sapere al suo rientro. Ma finora il mio telefono non ha ancora squillato. Sto aspettando sue notizie».

In Francia, dopo un annuncio da parte del gruppo Psa (Peugeot Citroen) simile a quello della Fiat, il governo Hollande ha promosso una commissione di studio che, in tempi brevi, ha purtroppo confermato la necessità di una ristrutturazione della produzione con la fuoriuscita di 8 mila lavoratori. La commissione presieduta dal professor Sartorius ha, tuttavia, messo in evidenza gli errori nella gestione del gruppo industriale che avrebbe privilegiato la distribuzione di dividendi agli azionisti a scapito della innovazione e sviluppo dell’internazionalizzazione.

Per pensare di ripartire c’è bisogno, quindi, di un’analisi su origine,cause ed effetti di una crisi strutturale. Nel caso della Fiat sembra non profilarsi in Italia una commissione di questo genere, anche perché si tratta non solo di una casa automobilistica, ma della stessa storia industriale ed economica del Paese. Basta leggere il recente libro intervista di Paolo Madron a Cesare Romiti (Storia segreta del capitalismo italiano) per farsene un’idea. Lo stesso Romiti, manager romano garante della Mediobanca di Cuccia, da vivace ottuagenario, ex amministratore delegato della Fiat di Giovanni Agnelli, non perde occasione per criticare le scelte compiute dalla “sua” ex azienda negli ultimi anni. E un segnale particolare proviene da un industriale di prima fila come Diego Della Valle, che ha usato parole di fuoco contro Marchionne e contro gli azionisti facilmente identificabili ancora con le famiglie Agnelli e Nasi. Lo stesso Della Valle è in affari stretti con Cordero di Montezemolo, uomo simbolo della Fiat che, ovviamente, ha preso le distanze dal suo socio.

Ridurre tutto ad un referendum sull’attuale amministratore delegato sembra, quindi, una prospettiva di corto respiro. Il centro studi di Confindustria, nell’istruttivo e accessibile rapporto di settembre 2012 sui prossimi scenari economici, tratteggia un paragone tra la recessione attuale che è simile solo a quella delle due guerre mondiali.

Ci sembra necessario allora, che arrivino dal Governo utili indicazioni per prevenire la rivolta di decine di operai e impiegati col consueto e drammatico copione di manifestazioni e incidenti. È tempo di prevedere, per quanto possibile, il futuro, evitando il peggio.


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