La festa romana va avanti
Ed ecco la diva di Roma e non per eccellenza, Anna Magnani alla quale è dedicata la18a edizione del Fest, presentarsi in una bellissima mostra fotografica all’Auditorium. Ci sono altre dive, da Monica Bellucci che fa la Callas, ad Isabella Rossellini che riceve il premio alla carriera, alle nostrane e nostrani, come Jasmine Trinca, Paola Cortellesi, Valerio Mastandrea. Ed infine i film, tantissimi, sparsi anche per i cinema del centro. Tante opere prime o seconde, italiane e non, e anche di registi affermati. Tema: l’amore, in diverse direzioni.
Vale la pena vedere il film premiato a Cannes ’23, opera di Justine Triet Anatomie d’une chute (Anatomia di una caduta) ambientato sulle montagne presso Grenoble. Un dramma intimo, familiare: Sandra è tedesca, scrittrice famosa e vive col marito Samuel, scrittore in crisi. Hanno un figlio di undici anni Daniel, ipovedente a causa di un incidente stradale dopo i l quale la coppia vive un rapporto formale, non più intimo. Un giorno il marito precipita dall’alto e muore sul selciato davanti alla casa: è il bambino che lo trova. Indagini della polizia: suicidio oppure omicidio? Sono interrogatori e processi alla madre che inquietano il ragazzino, lo fanno star male, lo isolano e mettono in discussione la sua fiducia nella madre, man mano che le prove dicono del rapporto conflittuale fra i genitori. Alla fine tocca a lui testimoniare. Farà la sua scelta e da bambino diventerà adulto.
Questo trhiller drammatico tra le nevi alpine è bello, forte, lacerante ed essenziale. La moglie dice la verità, o quale è la verità? E il ragazzino cosa deve fare: difendere la madre o lasciarla o diventare quasi padre di lei?. In realtà il film è costruito non solo sul rapporto di una coppia che non ha elaborato la sorte del figlio, ma sulle conseguenze che la morte del padre lascia nel bambino. La regista lancia uno sguardo profondo e amorevole su di lui, vittima degli adulti e delle loro complicazioni. I ragazzini oggi sono costretti a crescere in fretta, a soffrire prematuramente i dolori della vita, come Daniel – bravissimo giovane attore– che farà i conti con un mondo che non lo protegge. Da non perdere.
Di amore parla anche l’ultimo film (il quattordicesimo), prodotto da Netflix, del regista italo-turco Ferzan Ospetek, Nuovo Olimpo. Un amore omossessuale fra due giovani negli anni Settanta a Roma: si incontrano, fanno sesso, ma non solo, spariscono grazie alla rivolta studentesca in città che li separa. Poi, più nulla. Decenni dopo, uno è un regista acclamato, l’altro, sposato, un affermato medico. Vivono vite diverse, difficili, non sono sereni né felici. L’ombra di quell’incontro, che non era stato solo fisico, ma profondo, ristagna. Tutto sfuma col tempo, ma non la nostalgia di un rapporto autentico. Un incidente sul set agli occhi porta il regista dal medico, ma i due non si riconoscono subito. Qualcosa però riemerge e quando si rivedono, è cambiato tutto, ma non il ricordo, la realtà che hanno vissuto e che il tempo ha modificato, questa è rimasta, pur diventando diversa. In definitiva, se un rapporto è vero, il tempo non lo fa sbiadire ma lo rende presente, anche se la vita porta in altre direzioni.
Girato nel centro storico romano – via Giulia e dintorni – il film è certo un mélo, come sempre, esteticamente perfetto e talora fin troppo esibito (ad esempio nelle scene sessuali), ma l’interesse sta nei dialoghi che dicono in primo luogo la storia stessa del regista, il suo amore per il cinema di Fellini e della Magnani, e la volontà di puntare ai sentimenti autentici, cosa che supera la vicenda stessa ed i suoi stilemi, per far comprendere la forza di un rapporto che sia sincero e che il tempo conserva, pur tra le nebbie.