La ferma condanna della pedofilia
Se c’è una cosa per cui verrà ricordato questo pontificato, sarà la determinazione a fare chiarezza sul lato più oscuro della Chiesa, la pedofilia. Da quando è diventato papa, Benedetto XVI ha sempre dimostrato una grande fermezza nel condannare questo terribile crimine che per anni e anni si è consumato all’interno della Chiesa. Ovunque sia andato nel mondo, ha incontrato di persona le vittime, ha conosciuto le loro storie e ha pianto con loro. Si è vergognato per quanto hanno commesso gli abusatori e nel dire «basta» ha avviato da Roma un articolato processo che sta ora costringendo tutte le Conferenze episcopali del mondo a adottare una serie di misure per condannare i colpevoli e promuovere una cultura di sicurezza negli ambienti frequentati dai minori.
Non sorprendono dunque le parole pronunciate ieri da Benedetto XVI nel videomessaggio che è stato trasmesso a Dublino a chiusura del 50° Congresso eucaristico internazionale. Ogni volta che il papa ha parlato di pedofilia nella Chiesa, è come se si fosse sempre chiesto come fosse stato possibile che sacerdoti e persone consacrate avessero potuto commettere simili peccati «nei confronti di persone affidate alle loro cure». E lo ha fatto anche ieri: «Al posto di mostrare ad essi la strada verso Cristo, verso Dio, al posto di dar testimonianza della sua bontà, hanno compiuto abusi su di loro e minato la credibilità del messaggio della Chiesa».
Il papa ha dato voce a una domanda che risuona con dolore da tempo nelle coscienze del popolo non solo irlandese. «Come possiamo spiegare il fatto che persone le quali hanno ricevuto regolarmente il corpo del Signore e confessato i propri peccati nel sacramento della Penitenza abbiano offeso in tale maniera?». Il fatto sorprendente è che il papa non ha dato risposte. Ha detto semplicemente: «Rimane un mistero». Sa che le parole non contano.
Ma sa anche quanto siano importanti i gesti. E per questo nel cuore del Congresso eucaristico internazionale ha chiesto al card. Marc Ouellet di incontrare a suo nome un gruppo rappresentativo di vittime di abusi sui minori nella Chiesa. L’incontro è durato due ore, durante le quali ogni sopravvissuto ha parlato della sua esperienza personale di abuso e dell’impatto che questa violenza ha avuto sulla sua vita. Alla fine il cardinale si è detto «profondamente commosso». «È comprensibile – ha aggiunto – che voi troviate difficile perdonare o essere riconciliati con la Chiesa. A suo nome esprimo apertamente la vergogna e il rimorso che tutti proviamo. Allo stesso tempo vi chiedo di non perdere la speranza».
C’è spazio per la speranza nella storia di una Chiesa travolta come un fiume in piena da una serie di rapporti governativi sugli abusi sessuali commessi da sacerdoti e religiosi, che l’hanno messa davanti all’opinione pubblica a nudo e con il volto più brutto? Sì, c’è speranza e il Congresso eucaristico ne è stato un segno perché ha mostrato, come ha detto il papa, «in maniera visibile qui sulla terra» il volto di una Chiesa ancora viva.