La fede sfidata
Quest’anno 2012 ricorrono per la Chiesa due date importanti: 50 anni dell’inizio del Concilio Vaticano II e 20 anni della pubblicazione del Catechismo della Chiesa Cattolica.
Non c’è dubbio che il primo è molto più importante del secondo, perché è stato senza dubbio «la grande grazia di cui la Chiesa ha beneficiato nel secolo XX», come ha affermato Giovanni Paolo II, e che rimarrà una delle pietre miliari del suo cammino nella storia.
Per essere stato una svolta decisa nell’esperienza della Chiesa, il Concilio è stato sottoposto, fin dall’inizio, a spinte contrapposte, con fughe in avanti (con sogni di un Vaticano III) e tentativi di ritorno a un passato ormai sepolto. L’impressione attuale è che questi ultimi sono tornati a serpeggiare in modo (non molto) nascosto.
In cinquant’anni la situazione del mondo e della Chiesa è cambiata parecchio e non è qui il luogo per farne l’analisi. È evidente, già al primo sguardo. Una sola osservazione però si impone: il Vaticano II, seguendo l’impulso profetico di Giovanni XXIII, che l’ha sognato e iniziato, è stato un’apertura alla speranza, perché ha spalancato le porte della Chiesa al suo interno e verso il mondo.
Io stavo facendo gli studi di teologia in quegli anni ed ha significato per me chiudere (quasi letteralmente) i vecchi trattati ripetitivi e senza incidenza sulla realtà, per entrare nel soffio potente dello Spirito, che sollevava la nebbia che per secoli aveva reso quasi invisibile il mondo, immaginandolo solo come un nemico.
Ora questo ottimismo – un po’ ingenuo – è scemato. Si ha l’impressione che il mondo non si sia avvicinato alla Chiesa, anzi, che all’interno della stessa Chiesa sia in atto «una profonda crisi di fede» (Benedetto XVI). Nella società la religione e Dio non sono tanto combattuti, ma Dio è di fatto assente e a tutte le latitudini, quasi come un ulteriore effetto della globalizzazione.
A questo, la Chiesa sta cercando di reagire. Il Papa ha indetto un Sinodo dei Vescovi sul tema La Nuova Evangelizzazione per la trasmissione della Fede Cristiana (7-28 ottobre 2012) e un Anno della fede (11 ottobre 1012-24 novembre 2013). L’intenzione è rivolta sia sul versante interno della Chiesa, per «riscoprire il cammino della fede per mettere in luce con sempre maggiore evidenza la gioia ed il rinnovato entusiasmo dell’incontro con Cristo» (Benedetto XVI) e verso il mondo per una nuova evangelizzazione vista come «l’offerta del Vangelo che trasfigura l’uomo, il suo mondo, la sua storia» (Instrumentum laboris del Sinodo).
Quest’ultimo documento è stato frutto di una consultazione fra tutte le Chiese del mondo e anche degli apporti spontanei di tante persone. Ha costatato che esiste la coscienza chiara delle sfide urgenti che la Chiesa deve affrontare al suo interno e fuori senza nascondere che non ci sono ricette pronte per una soluzione.
Allo stesso tempo mette in evidenza anche gli aspetti positivi contenuti nei vari scenari presentati (culturale, migratorio, economico, politico, scientifico e tecnologico, della comunicazione, religioso) e accenna a molte iniziative già in atto sulla linea della nuova evangelizzazione. La quale ha come destinatari prioritari i battezzati la cui fede si è affievolita e, di conseguenza, hanno allentato i rapporti con la comunità cristiana.
La reazione della Chiesa a questa situazione preoccupante potrebbe prendere sentieri diversi, dal tradizionalismo conservatore volto a tentare di risuscitare il passato, a un avvicinamento al mondo contrassegnato dalla volontà di dialogo, che però in certe frange può contenere il rischio di un affievolimento della propria identità.
Pare che il Sinodo e l’Anno della fede abbiano imboccato la strada giusta, non per una ricerca del «giusto» mezzo (che non esiste), ma per uno sguardo e un cuore «cattolici», come Gesù, Dio col cuore umano.