La fede secondo Caravaggio
L’opera proviene dalle collezioni romane del marchese Vincenzo Giustiniani, protettore dell’artista negli anni 1600-1601 quando stava diventando famoso in Italia ed Europa.
Caravaggio affronta il tema del “credere per la fede” (Giovanni, cap. 20) e delle necessità per l’uomo incredulo e dubbioso di toccare con mano il divino, un soggetto di sempre, ma cruciale negli anni della Riforma cattolica.
Lo risolve in modo originale, lontano da ogni solennità e retorica, in una tela di formato orizzontale, formata da quattro mezze figure, secondo l’uso veneziano. È come un cinematografico piano-sequenza di forte impatto emotivo, anche perché segna l’inizio di un percorso in parallelo tra la passione di Cristo e la passione dell’uomo-Caravaggio.
Dal fondo neutro (la notte del dubbio o la notte spirituale in cui sono precipitati i discepoli con la morte del Maestro?) si staccano i personaggi, il cui sguardo converge sulla ferita del costato di Cristo. Egli, avvolto nel sudario candido, è bagnato da una luce trasparente che da sinistra investe e riscalda i colori densi, rossi e marroni, delle vesti dei discepoli e le loro facce “vissute”, intente a voler vedere e toccare per credere.
Caravaggio dà vita alla ricerca umana della credibilità della fede con grande naturalezza, coglie il sentimento di comprensione di Cristo – panneggiato classicamente, quindi dentro e fuori del tempo – di fronte alla difficoltà dell’uomo nel suo percorso verso la verità.
Se il discepolo chinato, Tommaso, “palpa” la ferita facendovi entrare il dito con il realismo acuto tipico del pittore, gli altri due la toccano anch’essi mentalmente, tanta è la loro concentrazione. In loro Caravaggio vede l’istinto verso la conoscenza con i sensi, così forte nell’animo umano.
Il Cristo che accompagna con dolcezza la mano di Tommaso, è lui stesso ad aiutare l’uomo verso la verità con la mitezza del suo cuore. Il suo volto non idealizzato, umanissimo, struggente è colmo di pietas per la fragilità umana, per il dubbio a cui risponde mostrando con delicatezza quella piaga che rimarrà per sempre nel suo corpo risorto, come segno dell’amore, lo stesso con cui mette la sua mano in quella di Tommaso. E, di conseguenza, di ogni uomo.
Con l’essenzialità dei mezzi pittorici- luci e colori -, Caravaggio accosta quattro volti in un intreccio di sentimenti e di emozioni vere, facendoci “leggere” i loro pensieri. Quelli di Cristo e di Tommaso in particolare: l’uomo che cerca la verità e Dio che gliela sta già mostrando: è davanti a lui.
“L’Incredulità di Tommaso” (olio su tela, cm. 107 x 146, Postdam-Sanssouci, Bildergalerie).