La favola della televisione
Per i settant’anni dall’arrivo della televisione in Italia (era il 3 gennaio del 1954), tra le varie iniziative prese dalla Rai ce n’è una che andrà in onda domenica 7 gennaio, in prima serata e in prima visione su Rai1: è il film Tv La luce nella masseria, prodotto da Eliseo Entertainment in collaborazione con Rai Fiction, nato da un’idea di Saverio D’Ercole (che figura anche tra gli sceneggiatori) e diretto a quattro mani da due registi che negli anni hanno realizzato molte fiction di successo per la Rai: Riccardo Donna (Raccontami, Non dirlo al mio capo, Cuori, tra gli altri) e Tiziana Aristarco (Provaci ancora Prof., Un medico in famiglia, Mina settembre, tra i vari).
La storia ci porta nella Matera del 1962, in un contesto ancora contadino, decisamente rurale. Entriamo all’interno di una famiglia con padre anziano, tre figli maschi e una figlia femmina, tutti già adulti e dediti al lavoro nella masseria di cui sono proprietari, ma anche braccianti, in qualche modo, lavoratori dall’alba al tramonto senza trattore. La famiglia è inizialmente unita, tenuta insieme dall’autorevole padre (Renato Carpentieri), ma, soprattutto dopo la sua morte, rapidamente tutto tende al disgregamento, dentro un’Italia che sta cambiando a passo spedito.
Sono gli anni del boom, dell’industrializzazione e del cemento dilagante. Il nuovo arriva in modo arrogante e divisivo anche in quel piccolo spazio di meridione italiano mediante un uomo del posto arricchitosi altrove, che vuole trasformare lo spazio (antico) della masseria in qualcosa di più moderno e redditizio, mostrando scenari di guadagno facile e di diminuzione della fatica ai confusi proprietari, emotivamente sempre più lontani tra loro.
Arriva anche qualcos’altro, però, in quel traballante frammento di mondo antico: la televisione, e viene raccontata principalmente attraverso gli occhi di un bambino. È lui la voce narrante del film che rievoca, con un pizzico di poesia, l’avvento del piccolo schermo in mezzo ai temi della fabbrica, dei palazzinari e dell’emigrazione all’estero (uno dei parenti lavora in Belgio come minatore). Tutto materiale che forma quello smarrimento culturale profondo che Pasolini definirà, all’interno di una riflessione complessa, “mutazione antropologica”.
La televisione è però raccontata, nel film, come un elemento positivo, che non divide, non frammenta ma unisce. Si vedono diversi programmi: da Non è mai troppo tardi del maestro Alberto Manzi a Canzonissima, fino a Lo Zecchino d’oro con Ciro Tortorella. Anche grazie alla tv, a cui viene reso un vero e proprio omaggio – incantato, affabulato, conciliatorio, affettuoso – la famiglia si riunisce alla fine del film e riprende a dialogare come il vecchio padre aveva sempre consigliato di fare, per evitare la guerra: c’è un monologo in cui, parlando ai nipoti davanti al camino della prima guerra mondiale (da lui vissuta direttamente), il vecchio nonno parla proprio dell’importanza del dialogo per smettere di uccidersi. L’unità oltre la fatica e le differenze, lo stare insieme nonostante le difficoltà portate dal cambiamento, diventano temi del racconto accanto al dolce omaggio alla preistorica e oggi poetica nascita della Tv.
Il racconto è semplice, molto sentimentale, con lieto fine vistoso, con atmosfera generale favolistica. C’è anche il tema della malattia, però, con uno dei fratelli (Domenico Diele), il più giovane, che si ammala di sclerosi multipla ma diventa, con l’aiuto di un elemento esterno (l’infermiera interpretata da Aurora Ruffino, donna emancipata) e del piccolo nipote, l’anello di congiunzione tra il vecchio in affanno e il nuovo che avanza. C’è un ripasso (in stile Bignami ma comunque utile, prezioso) dell’Italia com’era, in La luce nella masseria, e c’è tanto altro materiale. C’è sicuramente anche un inno ai legami famigliari oltre i problemi della vita. C’è la famiglia, con la sua complessità e la sua importanza, intorno al caloroso omaggio a quel piccolo schermo che oggi, attraversato da mille avventure e cambiamenti, compie i suoi primi, intensi, importanti settant’anni. C’è del buono da guardare, insomma, dentro il film Tv La luce nella masseria.