La fase 2 della giunta Raggi
L’impressione è quella di voler spingere il piede sull’acceleratore, per riguadagnare il terreno perso e realizzare alcuni dei punti sostanziali del programma di governo di Roma Capitale, annunciato con l’insediamento a Palazzo Senatorio nel luglio 2016 e in parte disatteso.
Manca poco più di un anno e mezzo alla prossima partita per il Campidoglio, nella primavera del 2021, e la sindaca 5stelle Virginia Raggi dà avvio ad una fase nuova. Lo fa con un ennesimo rimpasto della giunta, che vede il congedo di quattro assessori “tecnici”, scelti a suo tempo per merito, e con il benvenuto a figure “politiche”, ovvero a consiglieri pentastellati eletti al Campidoglio o nei Municipi.
Un’urgenza sollecitata anche dal calo dei consensi per il Movimento 5 stelle capitolino, che, sondaggi alla mano, e visto il risultato alle Europee, ad oggi sarebbe molto al di sotto di quel 70% con cui fu eletta la prima sindaca di Roma. Talmente al di sotto che i grillini non arriverebbero nemmeno al ballottaggio, per lasciare la contesa all’universo Dem contro il tandem Lega-Fratelli d’Italia. Correre ai ripari è dunque l’imperativo.
«Dopo aver ristrutturato le fondamenta della macchina amministrativa, benché resti ancora molto da fare, imprimiamo un’accelerata decisiva per portare a compimento il programma politico sulla base del quale i cittadini ci hanno eletto» ha spiegato Virginia Raggi annunciando il passaggio alla “Fase II”, quella politica appunto.
Ad oggi l’esigenza di blindarsi politicamente sembra una priorità per la sindaca, che non può non approfittare della congiuntura favorevole: con la nascita del nuovo esecutivo il clima politico fra M5S e PD ha mutato toni e prospettive, e l’ipotesi di convergenze anche sul piano locale – a cominciare dalla partita delle regionali – suggerisce prudenza e scoraggia sgambetti reciproci. Ufficialmente non ci sono automatismi nelle alleanze sui territori, ma i commentatori più arditi arrivano a ipotizzare una qualche joint-venture proprio in vista delle comunali 2021, anche considerando che sul piano locale il sistema che elegge i sindaci ha carattere maggioritario e spinge alla formazione di coalizioni.
Ma restando al presente, le porte girevoli del Campidoglio vedono oggi uscire quattro donne: Laura Baldassarre (assessore alla Persona, Scuola e Comunità Solidale), Rosalba Castiglione (Patrimonio e Politiche Abitative), Margherita Gatta (Lavori pubblici), e Flavia Marzano (Semplificazione). Sono sostituite rispettivamente da Veronica Mammi, Veronica Vivarelli e Linda Meleo, che, fino a ieri assessore ai Trasporti, lascia l’incarico a Pietro Calabrese. La sindaca tiene per sé la delega alla semplificazione.
Con le nuove nomine sono tredici gli assessori della giunta Raggi che hanno lasciato il loro incarico in tre anni, alcuni per vicende giudiziarie, i più per contrasti politici. Dei nove presenti all’insediamento ne restano tre: l’assessore allo Sport Daniele Frongia (vicesindaco fino a dicembre 2016), l’attuale vicesindaco con delega alla Cultura Luca Bergamo, e Linda Meleo.
Nella girandola delle nomine, gli assessorati che hanno visto più ricambio sono quelli al Bilancio e al Coordinamento delle società partecipate. A luglio 2016, nella neonata giunta entrambe le cariche erano presiedute dall’economista Marcello Minenna, che tuttavia abbandonò l’incarico due mesi dopo. Al suo posto, al Bilancio arrivarono prima il giudice Raffaele De Dominicis – formalmente assessore per soli 20 giorni – poi Andrea Mazzillo, in carica fino ad agosto 2017, e a seguire l’attuale assessore Gianni Lemmetti.
Al Coordinamento delle partecipate, dopo Minenna è arrivato Massimo Colomban, fino a ottobre 2017, e poi Alessandro Gennaro, dimessosi per motivi personali a maggio 2018. Da quella data la delega alle Partecipate è stata assunta da Lemmetti, già assessore al Bilancio.
Anche l’assessorato all’Ambiente, rinominato dalla Raggi “Politiche del verde e del benessere degli animali”, competente anche per la questione dei rifiuti, ha visto il succedersi di più figure: la prima è quella di Paola Muraro che, indagata nell’inchiesta su Mafia Capitale, si dimette a pochi mesi dall’avvio della giunta, nel dicembre 2016. La sostituisce Giuseppina Montanari, in carica fino al febbraio scorso quando si dimette dopo la bocciatura del bilancio di Ama. Dopo mesi di “sede vacante”, in assenza di dirigenti capitolini disposti ad assumere la guida di uno degli assessorati più difficili, a maggio la sindaca affida al generale di Brigata Silvio Monti, proveniente dal Ministero della Difesa, prima la delega al verde e poi anche quella ai rifiuti. Non immaginando che dopo un mese l’alto ufficiale avrebbe rinunciato al mandato “per ragioni personali”. La sindaca prende con sé la delega ai Rifiuti mentre al Verde nomina la pentastellata Laura Fiorini.
Alterne vicende ha seguito anche l’assessorato all’Urbanistica e ai Lavori pubblici. Agli albori della giunta entrambe le competenze sono affidate all’ingegnere Paolo Berdini. Dopo la sua rinuncia nel febbraio 2017, il Dicastero viene spacchettato e l’Urbanistica affidata a Luca Montuori, in carica ancora oggi, e i Lavori pubblici a Margherita Gatta, ormai decaduta.
È del marzo 2018 l’addio di Adriano Meloni, assessore al commercio e turismo. Lo sostituisce Carlo Cafarotti tutt’ora in carica. Tra gli ultimi ingressi anche quello di Antonio De Santis, nominato la scorsa primavera con la delega del Personale.
In questo valzer da capogiro, dove gli inciampi sono dietro l’angolo, ci si chiede se le new entry riusciranno nelle imprese mancate dai loro predecessori, e se la giunta così rinnovata mostrerà quello slancio tanto atteso. Se lo chiedono i romani, mentre camminano per la strada perché i mezzi pubblici non funzionano, cercando di evitare le buche e guardando sconsolati, di quartiere in quartiere, il panorama dei cassonetti stracolmi di rifiuti. Chissà che questa Fase II non sia l’alba di una nuova era, densa di sfide e portatrice di speranze.