La fantasia d’amore di don Cosimino
Oggi, a trent’anni dalla sua partenza per il cielo, durante il magistero di un papa così attento alle radicali richieste del Vangelo, rileggere la vicenda di don Cosimino Fronzuto fa una grande impressione, perché lui sembra proprio il prototipo ante litteram del pastore e del prete che Francesco auspica.
Si capisce come don Cosimino fosse pienamente inserito nel suo tempo. Tre sono stati i fattori principali, scaturiti dall’amore di Dio, che hanno forgiato la sua spiccata e creativa personalità di cristiano, di prete e di parroco. Un prete che ha saputo entrare in dialogo con il mondo a lui contemporaneo, per offrire una risposta tipicamente evangelica.
Il primo fattore è l’intensa e un po’ straordinaria esperienza cristiana vissuta in famiglia, confermata dalla vocazione al sacerdozio e dalla vita in seminario. Siamo prima del Concilio e dai suoi scritti dell’epoca si coglie come, sin da principio, don Cosimino sia stato preparato dallo Spirito a quell’apertura della Chiesa verso il mondo che il Concilio, di lì a poco, avrebbe sancito.
Il secondo fattore è la convinzione e la decisione con cui don Cosimino si fa discepolo attento, convinto e generoso di quei cambiamenti che la Chiesa stabilisce proprio nel Concilio. Stupore, gioia, gratitudine, impegno e dedizione sono gli atteggiamenti con cui egli prontamente si mette alla scuola di Gesù nel Vaticano II.
C’è poi un terzo fattore, che in certo modo fa da catalizzatore degli altri due: l’incontro travolgente con il carisma dell’unità donato alla Chiesa e al mondo del nostro tempo attraverso Chiara Lubich, un carisma che sembra fatto apposto per aiutare tutti, mediante un’iniezione di luce e vita nuova, a incarnare l’insegnamento del Concilio. Una cosa, infatti, è capire che occorre cambiare lo stile per sintonizzarlo su quello di Gesù, un’altra cosa è intuire come fare e avere la sapienza e la forza di farlo.
Il grande teologo domenicano Yves Congar, uno degli artefici del rinnovamento conciliare, affermava che dopo il Concilio di Trento era stata necessaria una robusta e illuminata spiritualità dell’obbedienza per poter realizzare la riforma da esso proposta. Allo stesso modo ora, dopo il Vaticano II, per far diventare realtà dell’intero popolo di Dio la prospettiva di Chiesa in esso disegnata, diventa necessaria una spiritualità di comunione.
Tutto questo don Cosimino l’ha provvidenzialmente trovato nella spiritualità di Chiara e del Focolare. E se n’è fatto anima e corpo, discepolo, testimone e annunciatore. In tal modo, il suo essere prete diocesano al servizio di una comunità parrocchiale – in risposta a una chiamata di santità nel quotidiano sempre più forte e totalitaria, e in conformità alla figura di prete disegnata dal Vaticano II – è diventato una realtà tangibile, trasformante, coinvolgente e irradiante per la comunità a lui affidata e per un numero amplissimo di persone di tutte le età, i ruoli sociali, le convinzioni.
Oggi che al cuore del programma di papa Francesco vi è la realtà centrale del “popolo fedele” di Dio, non è possibile essere in sintonia con lui senza cogliere la portata di tale dimensione che non è sociologica ma teologica. E ciò non è cosa scontata, è arte esigente, chiede la morte a sé, in conformità a Gesù che “svuotò se stesso” (cf. Fil 2,7) per diventare simile agli uomini.
Di quest’arte don Cosimino è stato uno straordinario interprete, ricco d’immaginazione e d’imprevedibile fantasia d’amore. Basti pensare al suo impegno pionieristico in campo ecumenico, nel rapporto coi fedeli delle diverse religioni, con le persone di altre convinzioni o alla ricerca. Tutti, sempre, hanno trovato in lui una capacità di accoglienza, di ascolto, di accompagnamento che li ha fatti incontrare con Gesù vivo nella sua Chiesa.
In allegato la locandina dell’evento a Gaeta.